martedì 3 novembre 2020

RAMY - seconda stagione: sul vuoto esistenziale

ATTENZIONE SPOILER. Una delle immagini più strappacuore delle visioni televisive del 2020 è per me quella di zio Naseem (2.09), nella seconda stagione di Ramy, che per la strada mangia con le mani, piangendo, la torta di condoglianze che aveva comprato per l’uomo a cui in palestra faceva dei pompini e per il quale cominciava a provare dei sentimenti. Il razzista, antisemita, misogino, omofobo Naseem ha provato, ma non è riuscito a instaurare una relazione con un uomo che era aperto a intrecciare una storia con lui, incapace di superare il disprezzo di sé e la vergogna così fortemente ingranati nel proprio modo di pensare. Nell’anonimato della sauna riusciva a concedersi,  il tentativo di un bacio lo ha fatto reagire con violenza, pur desiderandolo profondamente. Terribilmente umano e devastante.

Un altro vertice della stagione è stato “Atlantic City” (2.07). Gli amici portano Ramy (Ramy Youssef) a celebrare l’addio al nubilato e assumono delle spogliarelliste. Lui non le vuole e le licenzia, finendo poi a dover masturbare lui stesso l’amico Steve (Stephen Way), che ha una grave forma di distrofia muscolare ed è sulla sedia a rotelle. Già trattare il tema della sessualità di una grave forma di disabilità è notevole, qui poi lo si riesce a fare con tatto e un notevole umorismo. Nessuno dei due vuole minimamente quello a cui si vedono costretti.

La madre Maysa (Hiam Abbass)  deve fare il test per ottenere la cittadinanza  e viene messa in crisi da un transessuale e dal pronome da utilizzare (“They” – 2.06); il padre Farouk (Amr Waked) perde il lavoro e cade in depressione (“Frank” - 2.08); la sorella Dena (May Calamawy), per quanto si ritenga razionale, si lascia coinvolgere nella superstizione del malocchio e nel timore di diventare calva (“3riana grande” - 2.05)… a volte sembra che siano i comprimari ad avere le storie più riuscite, qui ben in bilico tra americanità e alterità, fra antico e nuovo.

La serie si è volutamente messa su un terreno minato affrontando di petto la spinta religiosa del protagonista principale, Ramy appunto. Forse ho più pregiudizi di quello che penso o che vorrei sull’Islam, ma questa sua conversione spirituale mi ha messa a disagio, anche se ritengo che elicitare questa potenziale ansia fosse voluto, dal momento che gli stessi amici più intimi del personaggio, Mo (Mohammed Amer) e Ahmed (David Merheje), manifestano un certo timore che lo Sheikh (il sempre carismatico Mahershala Ali) che sceglie come propria guida spirituale lo “corrompa” facendolo diventare troppo religioso ed che frequentare una nuova moschea lo porti a diventare estremista (2.02). E in effetti Ramy vuole essere così tanto un bravo musulmano che finisce per essere incosciente e abbandonare il buon senso (2.03). La storia che lo vede accogliere come un soldato dell’Iraq che vuole convertirsi e la violenza che ne consegue  mettono bene in luce sia l’entusiasmo e le buone intenzioni sia i realistici sentimenti culturali diffusi verso questa specifica religione in questo momento storico.

Le vulnerabilità e le motivazioni che muovo Ramy sono anche molto ben delineate, riprese dalla prima stagione alla quale pure ci sono dei rimandi. L’emozione dominante è quella del vuoto esistenziale: più è circondato da persone, più si sente solo. L’errore che riconosce in se stesso è quello di cercare di riempirlo attraverso il sesso e il porno. La soluzione che cerca è nell’opposto, nell’astinenza che gli propone la sua religione, cercando di riempire quel vuoto con Dio. Dove la serie non è convincente a sufficienza, a mio avviso, è nel mostrare che si tratta di una coincidentia oppositorum, non è che uno è male a l’altro è bene, ma entrambe le posizioni nel loro estremismo non sono sane. È vero che in “Miakhalifa.mov” (2.04), nell’incontro con una pornodiva delle cui mammelle molti vogliono bere il latte, si riflette sul fatto che la pornografia fiorisce soprattutto negli ambienti oppressivi e oscurantisti. Allo stesso tempo non si fa quel passo in più del vedere che forse anche l’alternativa dell’astinenza intransigente non è auspicabile. Forse la serie, un po’ come il protagonista, è confusa, e di fronte a situazioni che sono emotivamente contorte e complesse è bene così perché un’eccessiva semplificazione le appiattirebbe. Ramy decide di sposarsi (2.10) con la figlia dello Sheikh, Zainab (MaameYaa Boafo), con cui nel corso della stagione ha costruito una bella relazione.  ma anche a causa del ritorno della cugina con cui aveva avuto una storia nella stagione precedente, la conclusione non è così lineare.    

Ramy si conferma una serie che parla in modo originale della contemporaneità e delle nostre angosce esistenziali e dimostra di avere ancora molto da dire.

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