martedì 1 febbraio 2022

DICKINSON (s3) e THE GREAT (s2): qualche pensiero

Come ho fatto nel post precedente, butto giù qualche pensiero, questa volta per due commedie, su serie che meriterebbero ben altro approfondimento, ma che mi rendo conto in questo momento di non poter fare. 

Dickinson - stagione tre: questa stagione è l’ultima della mirabolante, poetica, bizzarra serie dedicata alla poetessa americana. Io sono meno entusiasta dei molti estimatori, ma ho apprezzato la sua verve sovversiva infusa di femminismo – le puntate all’ospedale psichiatrico e sul testamento del padre sono buoni esempi -, e di amore per la parola e la scrittura, che ha declinato questo arco conclusivo ancorata al tema della speranza, con il sottofondo della Guerra Civile e la storia secondaria di primi soldati neri dell’esercito, guardando alle dinamiche di potere razziste con serietà, ma con leggerezza e con umorismo. Forse bisogna cogliere l’invito fatto nella 3.04, dove c’è il cameo, se così possiamo dire, di Walt Whitman, e smettere di cercare di capire e sentire, provare, farsi emozionare, come nel “viaggio nel futuro” (3.07) in cui Emily e la sorella Lavinia (bizzarra a modo suo), incontrano Sylvia Plath. L’ho percepita più visionaria delle stagioni precedenti. Io non l’ho abbracciata appassionatamente come forse merita, perché non è propriamente “la mia tazza di tè”, come si direbbe in inglese, ma ho saputo apprezzarla per contenuto e stile: dice molto e lo fa con originalità. Qui avevo parlato della prima stagione, qui della seconda.


The Great – stagione due: questa serie si commenta da sola con il proprio titolo, è grande. Divertente, intelligente, arguta, piena di spirito e di brio, e di amore. È una delle mie preferite in assoluto. E i suoi motteggi filosofici e illuministi sono uno spasso come altrove non si vede. Allo stesso tempo ha saputo diventare anche, inaspettatamente, molto romantica. Peter innamorato di Katherine e convinto che lei lo ricambi e lei che lo rifiuta e proprio non ne vuole sapere ha avuto dei momenti davvero esilaranti. Come non sciogliersi quando Peter vede Katherine accasciata a piangere e gli evapora in un istante ogni proposito rabbioso contro di lei? Loro che si vogliono ammazzare a vicenda, ma che allo stesso tempo sono genuinamente innamorati l’uno dell’altra è stato ossimoricamente perfetto, un’incarnazione dell’odi et amo e dei complicati assurdi meccanismi dell’amore. Huzzah per Elle Fanning e Nichoas Hoult nel ruolo degli interpreti principali. E per Tony McNamara che li scrive con tale vis umoristica e verve. Ho gradito anche Gillian Anderson come guest star nel ruolo della madre di Katherine. La prima stagione mi ha conquistata senza riserve, ma anche nella seconda gettata è riuscita a mantenere la stessa tensione e passione - per le riforme sociali, per una Russia (e un mondo) migliori, un ruolo attivo delle donne… È anche rimasta sboccata al punto giusto senza risultare vogare e violenta senza essere disturbante. Se solo una critica negativa volessi sollevare, riguarda Orlo. Sembrava volessero rappresentarlo come asessuale. Sarebbe stato importante, anche solo per quanto scarsa è la loro visibilità sugli schermi, poi però si è andati in una direzione diversa senza una vera spiegazione. Un vero peccato, anche perché poteva crearsi una bella dinamica, magari, con il sempre-esilarante capo della chiesa Archie, le cui pulsioni sessuali sono state in questa stagione fuori controllo. Qui avevo parlato della prima stagione.

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