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domenica 19 gennaio 2025

SILO: la seconda stagione

ATTENZIONE SPOILER

Apple TV+ ha appena chiuso la seconda stagione di Silo con una scena finale che ci ha catapultati fuori dal solito contesto, ovvero nella Washington di 300 anni prima, al momento dell’incontro fra Daniel (Ashley Zukerman), un deputato statunitense, ed Helen (Jessica Henwick), una giornalista, già annunciati come personaggi della terza stagione. Prima di questo calo di sipario ha continuato ad essere accattivante, ma l’ho trovata sottotono rispetto alla prima, se si escludono gli episodi finali. Premetto che non ho letto i libri, quindi non avevo aspettative specifiche rispetto allo svolgimento degli eventi. Ciò che mi è mancato di più in questa stagione sono le due tensioni che hanno alimentato la serie in precedenza: quello verso il mondo esterno e quello verso “the  before times”, i tempi precedenti. Loro, e perciò noi, sono così concentrati su ciò che accade all'interno che l'esterno si è un po’ perso, e mi è mancato.

La delusione che il mondo circostante altro non fosse se non altri silo era stata forte alla fine della prima stagione. Come se in Fallout ci fossero stati solo altri Vault, senza un mondo esterno per quanto landa desolata. All’esordio (2.01), con buona pace della continuità rispetto al parrucco della protagonista che era differente, vedere montagne di scheletri e mummie umane ha fatto una certa impressione - l’ultima volta che ne ho viste così tante e di impatto nella finzione è stato in “Identity” (2.08 e 2.09) in The Orville. Quando in seguito (2.04) Juliette (Rebecca Ferguson) ha confessato che, calpestandoli, aveva pensato che al successivo passo quello sarebbe stato il suo posto per morire, mi sono venuti i brividi. Entra presto in un altro silo, il numero 17 scoprirà, quello da cui viene lei è il 18.

Il pensiero dominante per me inizialmente è stato il senso di solitudine, e di come per poco tempo è un conto, ma alla lunga di come sia difficile, e lo stupore per l’intelligenza della protagonista. Certo, lei è l’ingegnera del titolo (diventato “il tecnico” in italiano non si sa per quale ragione), ma ugualmente…Non sto spesso a interrogarmi su che cosa avrei fatto io nella stessa situazione dei personaggi che vedo, ma in questo caso l’ho fatto e, salvo dirmi subito che avrei cercato di ricostruire il ponte nel nuovo silo, come avrei fatto non ne ho idea. Stranamente non mi è venuto in mente MacGyver, come a tanti nei commenti che ho letto, ma è vero. In realtà, la visione dentro al silo mezzo distrutto mi ha evocato molto la lettura del libro “Piranesi” di Susanna Clarke, qualcosa che non è mai accaduta durante la prima stagione. I flashback che tanto aiutano a dare backstory al personaggio hanno dato una buona spiegazione proprio rispetto alle sue capacità attuali: l’importanza di riciclare e con quello la capacità di vedere cose vecchie e apparentemente da buttare non solo come cose riparabili, ma anche come oggetti che possono essere utilizzati con altre funzioni da quelle per cui sono intese e quindi lo sviluppo di quel tipo di intelligenza che ora le torna utile; e poi la brutalità con cui le è stato detto che sua madre era morta perché si era ammazzata, senza giri di parole, che l’ha resa una che guarda in faccia la realtà senza filtri sentimentali o di protezione emotiva. In questa stagione peraltro è emersa come un personaggio dalla notevole intelligenza emotiva, empatica, diplomatica, capace di mediare, come si è visto in scene con il personaggio di Solo e con quello di “Eater”/Hope (Sara Hazemi) negli ultimi capitoli di questo arco (che ho letto hanno tradotto “Tarma”/Hope in italiano – ho seguito la serie in originale).

È una prova della bontà della serie quando, se la prima puntata è stata solo Juliette, solo a metà del secondo episodio ho capito che sarebbe stato un episodio senza di lei. E il cliffhanger del primo episodio era abbastanza forte da potersi permettere di mantenere la tensione anche saltandone uno. Juliette come singola e il Silo come gruppo sono stati i due pilastri della storia in questa seconda stagione: da un lato la necessità del ritorno, dall’altro i malumori e gli scontri successivi all’uscita della nostra eroina – dopo 140 anni di pace è arrivato il momento della rivolta, un tipo di storia che io per indole gradisco meno, per quanto sia stata ben costruita. È stato anche affascinante vedere come un gesto relativamente piccolo da parte di una persona possa creare un eroe che galvanizza un'intera comunità e incanala aspirazioni e desideri di libertà. Juliette esce dal silo e appare la scritta JL (Juliette Lives). Forse è un parallelismo eccessivo, ma ho pensato alla ragazza che in Iran si è spogliata contro un regime oppressivo a novembre – le puntate in questione sono andate in onda poco dopo. Un semplice gesto di una persona, che alla fine comporta un grande rischio personale e che di per sé non è grave al di fuori del suo contesto, diventa rivoluzionario per ciò che incarna.

La serie non vi ha indugiato, ma ho trovato intellettualmente stimolanti i numerosi aspetti sociopolitici, economici e di potere legati alla gestione del Silo: Billings (Chinaza Uche) che si fida del giusto processo e del lavoro dei Fondatori e la spiegazione che la cancellazione del passato è stata fatta di proposito per evitare rivolte future (2.08); il libro “biblico”, L’Ordine, ha un protocollo su chi incolpare e in che ordine - ho sempre pensato che le persone dei piani alti e medi che odiavano le persone della Meccanica fosse una questione di sistema di classe, in cui i piani alti si sentivano snob e altezzosi, superiori ai piani bassi;  coloro che detengono il potere sono in grado di sapere di più della popolazione generale e di tenerlo nascosto, ma non molto di più: anche loro stanno effettivamente brancolando nel buio - quando nella season finale (2.10) Lukas (Avi Nash) rivela a Bernard che cosa ha scoperto, e il suo mondo crolla, Tim Robbins è stato raggelante nel mostrare quanto fosse sconvolto il suo personaggio; non sono solo cattivi a dispetto delle proprie azioni: la dicotomia libertà-pericolo è viva nelle loro menti come in quelle di chiunque altro; come è facile e privo di gran sforzi mostrare qualcosa come qualcos'altro: è stato un gran colpo di scena (2.04) che Meadows (Tanya Moodie) morisse avvelenata (anche se la fine della sindaca Ruth nella prima stagione doveva essere di monito), ma il modo in cui Bernard è riuscito a incastrare Knox (Shane McRae) e Shirley (Remmie Milner) e come ha manipolato il pubblico è stato istruttivo sotto questo profilo. Un grande filo conduttore della stagione sono le menzogne (per le vicende di entrambi i silo).

Grande nuovo arrivo è stato il personaggio di Solo (il Steve Zahn di “Treme”). La sua paranoia, la sua paura, il suo essere solo di fatto oltre che di nome e tutto quanto lo ha attorniato mi ha spesso fatto pensare a “Lost”. L’incertezza sulla sua identità, l’impossibilità di inquadrare come mai sapesse così tante cose e avesse un misto di entusiasmo infantile per esse e terrore di contatto con altri, la sua possibilità di mangiare senza la preoccupazione di procurarsi il cibo, i graffiti e i cadaveri all’interno del suo bunker sono stati elementi che hanno alimentato la suspense finché nel dinamico sottofinale non si è scoperta la verità: è Jimmy, ed era  il figlio del capo dell'IT del silo 17; aveva solo 12 anni quando scoppiò la rivolta e i genitori gli  avevano ordinato di non aprire a nessuno, aveva visto il padre ammazzato dai genitori di quei ragazzi che credono lui il killer che li ha lasciati orfani, anche loro presenze nel nuovo silo arrivate come colpo di scena.

Lukas, il geniale osservatore di stelle, scopre la verità dei tunnel quando prima di lui solo altre tre persone erano riuscite a farlo: Salvador Quinn, Meadows e George, che era stato brevemente fidanzato di Juliette. La sua sete di sapere, anche pungolata da Bernard, è stata una delle cose che più mi è piaciuta, così come sono sempre sedotta dal doloroso stupore dei personaggi per come era la Terra prima: “Che cosa hanno fatto Bernard? Come hanno fatto a perdere questo mondo?” dice Meadows guardando il nostro bel pianeta sul suo visore; “È vero? Mostramelo!” esorta la moglie Kathleen allo sceriffo Billings quando scopre di una pagina con immagini di come era il passato: la loro mancanza è per qualcosa che non hanno mai conosciuto. È così relazionabile, umano e agrodolce. Ti fa apprezzare quello che abbiamo…Robert (Common), Camille (Alexandria Riley), Patrick (Rick Gomez), Martha (Harriet Walter)…ci sarebbe molto da scrivere. Tanti fili sono poi rimasti sospesi, ma la serie è stata rinnovata per altre due stagioni prima della chiusura, quindi ci sarà modo di rispondere ai quesiti rimasti aperti. Juliette è tornata al suo silo, ma abbiamo lascito lei e Bernard ad arrostire nelle fiamme, ad esempio. Per ora intanto, la serie è rimasta appagante.

sabato 8 luglio 2023

SILO: una entusiasmante distopia

"Non sappiamo perché siamo qui. Non sappiamo chi ha costruito il silo. Non sappiamo perché tutto ciò che è fuori dal silo è così com'è. Non sappiamo quando sarà sicuro uscire. Sappiamo solo che quel giorno non è oggi". Viene ripetuto più volte, quasi un mantra, questo ricorsivo epigramma che gli abitanti del Silo della omonima serie distopica di AppleTV+ conoscono a memoria. È ideata da Graham Yost (Justified) e basata sulla La Trilogia del Silo, nove romanzi dell'autore Hugh Howey. Ha debuttato lo scorso 5 maggio 2023 ed ha appena chiusa la sua coinvolgente prima stagione con una season finale appagante, ma alo stesso tempo intrigante a sufficienza da lasciare sete per una già confermata seconda stagione. Sin dall’esordio è molto appassionante, una serie che sa quello che è e dove vuole andare e non perde tempo, asciutta, efficace, di grande atmosfera. La sigla, soprattutto musicalmente parlando, richiama Westworld, ed è uno spettacolo in sé con i suoi giochi di spirali, scale a chiocciola, e rimandi al DNA, alla spina dorsale e al generatore che sostiene la vita della comunità ritratta. 

Siamo in un futuro imprecisato e la gente vive in un bunker sotterraneo, il silo del titolo, da cui non ha la possibilità di uscire a meno che non lo chieda espressamente. In quel caso, se proprio dice ad alta voce “Voglio uscire”, non può più ritirarlo, diventa irrevocabile, la persona viene arrestata ed espulsa, cosa che equivale ad un suicidio, perché la vita fuori è invivibile. Ma lo è davvero? Viene chiesto a queste persone, debitamente preparate con un apposito abbigliamento stile “astronauta”, di pulire una volta uscite il vetro degli oblò delle vetrate da cui la comunità che abbandonano riesce a guardare fuori e che mostrano una terra invivibile, e gli eventuali cadaveri di chi è uscito. Non sono però obbligati a farlo. Se si deve eliminare qualcuno dalla comunità in ogni caso, lo si manda “a pulire”, come dicono in gergo.

Agli inizi della storia si festeggia il 140° anniversario del Giorno della Libertà, il giorno in cui fu sedata una ribellione che minacciava di aprire le porte del silo al mondo esterno, durante la quale sono stati distrutti tutti i file e i libri appartenenti al mondo passato.  Quello che è stato prima non si sa, si conosce solo attraverso “reliquie”, oggetti del mondo passato, ammessi solo se legali. I livelli del silo sono numerosissimi e tutta la vita è regolata da ferree regole sotto il controllo del Giudiziario. La serie debutta con lo sceriffo Holston (David Oyelowo) che chiede di poter uscire. Tempo prima lo aveva fatto la moglie Allison (Rashida Jones), convinta che fuori non fosse così invivibile come dicevano, a seguito della scoperta di alcuni file e, pur avendo ricevuto l’autorizzazione a rimanere incinta, sospettosa del fatto che i loro problemi di fertilità non fossero dovuti a loro. George, l’esperto di computer con cui Alison aveva fatto queste scoperte, viene trovato ucciso, e Juliette (Rebecca Ferguson, anche produttrice esecutiva), che era la sua ragazza (con cui aveva una relazione, anche se non autorizzata), è convinta che non sia un suicidio come vogliono far credere. Lei è un’ingegnera da cui dipende il buon funzionamento del motore che tiene in vita il silo e George l’aveva messa a parte di alcune scoperte.

Presto si sente in dovere di accettare una proposta che le arriva dalla sindaca Ruth (Geraldine James, Anne with and E) e diventerà lei la nuova sceriffa, incarico che accetta per poter meglio indagare. Viene affiancata nel suo ruolo da Paul Billings (Chinaza Uche), vero esperto del Patto, il documento che regola la vita nel loro microcosmo, e affetto dalla "sindrome", una condizione medica che provoca tremori che vuole tenere nascosta. Juliette finirà per scontrarsi con Robert Sims (Common) il minaccioso capo della sicurezza, e con Bernard Holland (Tim Robbins), a capo del Dipartimento IT. Trova invece degli alleati, anche se in qualche caso riluttantemente, in Patrick Kennedy (Rick Gomez), un rustico addetto alla manutenzione ed ex contrabbandiere di "reliquie", e nel timido Lukas Kyle (Avi Nash), un esperto di tecnologia che per primo le fa notare che nel cielo ci sono dei puntini luminosi, anche se nessuno dei due sa che cosa possano essere. Juliette scoprirà che le cose non sono come sembrano. E lo scopriamo anche noi. È separata dal padre, il dottor Pete Nichols (Iain Glen, Il Trono di Spade) da quando era ragazzina, e ad avere nei suoi confronti un ruolo genitoriale e farle da confidente è “Walk”, ovvero Martha Walker (Harriet Walter, Succession) esperta di ingegneria elettrica che gestisce un'officina nei livelli inferiori del Silo da cui non esce letteralmente mai.

Con grande atmosfera, e un’illuminazione di primordine che impedisce che ci sia la sensazione di claustrofobia nonostante di svolga in sotterraneo, questa distopia procede lla creazione di un mondo istantaneo. Il world building avviene senza spiegoni o complicanze e riesce ad essere dettagliato e a fornire i punti di riferimento essenziali per muoversi con agilità in quel contesto, come il fatto che i vari piani del silo, oltre 100 e privi di ascensore, si portano dietro anche differenze di classe (più socialmente importante sei percepito, più stai in altro). Le tematiche che si toccano sono legate alle divisioni sociali, al potere delle informazioni e come vengono usate o tenute nascoste per il controllo sociale, all’autoritarismo, alla nascita di teorie di cospirazione, alle menzogne del potere, al valore del vedere (il panottico che è il silo, in cui tutti vengono controllati anche senza saperlo, quello che si vede fuori, le immagini del mondo di prima), il ruolo della memoria… Come scrive Lucy Mangan sul Guardian, è uno studio sulla cancellazione e su chi può scrivere e riscrivere la storia e tratta anche dei vantaggi e degli svantaggi che si incrociano e competono di sapere la verità o di negarla, sia per l'individuo e per la collettività; un ruolo di rilievo lo hanno anche un paio di donne anziane (la sindaca e Walk), cosa rara e preziosa da vedere, che ho apprezzato.

Si tratta di un drama fantascientifico ibridato con una storia da detective, uno di quegli appuntamenti a cui non vedi l’ora di concederti non appena esce il nuovo episodio. Le prime due puntate in particolare sono uno dei debutti migliori dell’anno, con la terza c’è forse un calo perché ci si focalizza sulle indagini, ma non c’è un momento di stanca, la trama si infittisce e ti trascina fino alla fine. Per me  indubbiamente una dei programmi migliori dell’anno.