Visualizzazione post con etichetta superpoteri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta superpoteri. Mostra tutti i post

mercoledì 15 febbraio 2017

LEGION: una giostra delirante e appagante


Bastano in primi tre minuti di Legion, in cui in flash successivi che ne ripercorrono la vita - sublime la staffetta fra le scene -, si vede il protagonista passare da un bellissimo sdentato bebè sorridente a un giovane uomo ricoverato in un ospedale psichiatrico, per decidere che questa è una serie che vale la pena vedere: inventiva, sperimentale e con una regia da capogiro. È mozzafiato nell’essere cervellotica e allucinatoria (sebbene non ermetica come il remake de Il Progioniero), e con un pizzico di giocosità, ma con una visione precisa.

Ideata da Noah Howley (Fargo) per FX sulla base di un personaggio dei fumetti della Marvel creato da Chris Claremont e Bill Sienkiewicz, la serie è ambientata in un universo parallelo a quello dei film degli X-Men. David Haller (uno Dan Stevens che sembra fortemente ringiovanito rispetto al ruolo di Downton Abbey che lo ha reso famoso) è un mutante con poteri mentali, fra cui la telecinesi e la telepatia, a cui è stata diagnostica una schizofrenia paranoide sin da bambino. Spesso per lui il confine fa realtà e illusione è molto labile. Nell’ospedale psichiatrico in cui è ricoverato, il Clockworks, diventa amico di Lenny (Audrey Plaza, Parks and Recreation), un’eterna ottimista nonostante i problemi di alcol e droga, ma la sua vita cambia completamente quando lì conosce Syd Barrett (Rachel Keller)  - il suo nome è un omaggio al musicista dei Pink Floyd la cui musica è stata anche di ispirazione per la serie – che diventa la sua “fidanzata” e che non vuole in alcun modo essere toccata (quando accade si capisce il perché). In realtà, anche se ancora non se ne rende conto, ha dei superpoteri, ed è per questo che viene sottoposto a intensivi colloqui da parte dall’Interrogatore (Hamish Linklater, The New Adventures of Old Christine). Alla fine del pilot, aiutato a scappare, conosce una terapeuta che diventerà importante per il suo futuro, Melanie Bird (Jean Smart). Lo scienziato Cary Loudermilk (Bill Irwin), la savant Kerry Loudermilk (Amber Midthunder) e Amy Haller (Katie Aselton), la sorella maggiore di David, completano il cast che circonda il protagonista.

Se un simile personaggio in TV forse non sarebbe stato possibile prima di Mr Robot, un giovane uomo che scopre che quella che credeva la sua debolezza è in realtà ciò che lo rende unico e speciale è ormai un classico nella genesi dei supereroi. Non c’è niente di veramente nuovo su questo fronte perciò. Stevens è abile nel precipitare il suo personaggio in momenti di cupa disperazione seguiti da altri di sorridente equilibrio. Ma anche qui, c’è un certo spassoso distacco da quello che nel mondo reale sarebbe un doloroso vissuto le cui cicatrici sarebbero ben più radicate dell’eyeliner sotto gli occhi di Lenny e gli psichiatri beni più competenti e meno supponenti – almeno si spera – di quello fa la lezioncina a Syd su come tutti gli animali abbisognino di contatto fisico per sentirsi amati. La normalità denigrata come qualcosa a cui uno viene costretto – citando Einstein e Picasso come esempi di persone che normali non erano – suona abbastanza trita. Non è in questo che la serie sorprende a abbaglia.

Quello che qui è straordinario è come si è scelto di raccontare la diversità del personaggio. La narrazione si affida alla scomposizione e alla distorsione, e diventa disorientante, un trip fantasmagorico nelle allucinazioni visive e uditive del personaggio che prendono forma anche per lo spettatore in una giostra delirante che nel suo vorticare mescola pensieri, immagini, e suoni, va avanti e indietro, dentro e fuori la mente del protagonista. La regia imprime un moto ad una trottola di tagli e movimenti di camera e scenografia e uso delle luci e dei costumi, ora moderni ora retrò, da vertigine. Matt Zoller Seitz (Vulture) ci vede gli influssi di Wes Anderson e Bob Fosse. Quello che è certo è che questo è il punto di forza. Se le otto puntate previste per la prima stagione si mantengono sul tracciato del pilot sarà una autentica goduria.     

lunedì 28 novembre 2011

NO ORDINARY FAMILY, ma telefilm ordinario


I protagonisti di No Ordinary Family, che debutta oggi su Italia1 (ore 15.35), saranno anche una famiglia per nulla ordinaria, peccato che non si possa dire lo stesso del telefilm, partito con grandi speranze, anche per via dell’ottimo cast adulto, ma deludente già in partenza. È stato chiuso dopo 20 puntate.
Una sorta de Gli Incredibili in formato carne e ossa, i Powell acquistano dei superpoteri dopo un incidente aereo. Il marito Jim (Michael Chiklis, The Shield), che lavora nella polizia come disegnatore di identikit, acquista una grande forza e diventa quasi invulnerabile. La moglie Stephanie (Julie Benz, Dexter). che è una scienziata, diventa superveloce. Ai due figli  Daphne (Kay Panabaker) e JJ (Jimmy Bennett) si sviluppano improvvisamente il potere, rispettivamente, della telepatia e della superintelligenza. Sono archetipi – la madre oberata dal superlavoro, il padre deluso dalla sua inefficacia nella vita, la figlia adolescente che deve imparare a che fare i conti con le pressioni sociali, il ragazzino non troppo brillante  - dove i superpoteri costituiscono una visibile metafora di quello che accade nelle loro vite e dei desideri e delle paure della vita familiare contemporanea.   
Ideata da Greg Berlanti (Everwood, Brothers and Sisters) e Jon Harmon Feldman, la serie è priva di autentica originalità ed è estremamente semplicistica. Inoltre sebbene il messaggio di fondo sembri essere che la vera forza, il vero superpotere, sta nell’unità della famiglia, mi associo e faccio mia la critica di Julian C. Chambliss, professore di storia in Florida, che in un pregnante saggio per PopMatters denuncia il ricadere facilone in ruoli familiari e di genere tradizionali. 
Scrive Chambliss: “La trasformazione del padre da uomo senza poteri incapace di avere un effetto sia in casa che sul lavoro a eroe solitario che aggiusta i mali della società è il nucleo narrativo del primo episodio. Il pilot comincia con Jim Powell che ricorda quando la sua famiglia era unita, e in modo prevedibile traccia la sua riscoperta di sé una volta che manifesta la sua forza. (…) L’appagamento del desiderio delle spettatrici donne attraverso Stephanie Powell è sia incoraggiante che condiscendente. Gli sceneggiatori rimodellano i dibattiti di lunga data sugli effetti del lavoro sulla famiglia attraverso l’esperienza di Stephanie. Come per suo marito, i poteri di Stephanie Powell le permettono di soddisfare un ruolo familiare tradizionale. Lei lotta per bilanciare lavoro e famiglia e queste paure alimentano le sue preoccupazioni di essere una cattiva moglie e madre. Diventare super-veloce le permette di essere ancora una volta una figura materna tradizionale, continuando anche allo stesso tempo ad essere una donna che lavora. Dal momento che aveva già successo, il guadagno che ottiene dal ricevere i poteri è di portare in primo piano le preoccupazioni domestiche senza sacrificare la sua identità professionale. È letteralmente in grado di mantenere il suo impegnativo lavoro di ricercatrice scientifica e di correre a casa ad aiutare il figlio con i compiti di matematica. Può anche passare più tempo con suo marito, finire il lavoro presto a sufficienza da preparare la cena e organizzare una “serata romantica”. Il suo potere le permette di essere materna, risolvendo la tensione creata dalla pressione sociale per le donne di classe media di “fare tutto”.”   
Chambliss continua concentrandosi sui figli. Attraverso JJ, che di per sé vede la sua superintelligenza come il potere con meno risultati di tutti a livello di  efficacia, gi autori  “affrontano problemi relativi al successo [accademico] dei maschi bianchi adolescenti. La comune lamentela di “se solo si applicasse” si è modificata (…)” e in questo modo il suo personaggio “diventa emblematico delle preoccupazioni della classe media rispetto alle opportunità future”.  Per quanto riguarda invece Daphne, come per sua madre, il suo potere è legato al suo genere sessuale di appartenenza. “La capacità di leggere nella mente le permette di affrontare le preoccupazioni rispetto ai sentimenti del suo ragazzo riguardo al fatto che lei non vuole fare sesso. Come per sua madre, il potere di Daphne è una specie di appagamento del desiderio che supporta stereotipi di genere tradizionali.”  Attraverso i suoi poteri è in grado di scoprire che il suo ragazzo la tradisce “validando così la sua decisione a rimanere casta. Mentre i suoi poteri così come quelli di sua madre potrebbero avere un grande effetto sul mondo in senso ampio, l’applicazione è totalmente domestica (…)”.
Alla fine però, sebbene a tutti i membri della famiglia siano concessi dei superpoteri, non a tutti è concessa la possibilità di usarli nel mondo esterno. “Questo privilegio è riservato al padre”. A lui spetta l’avventura di combattere il crimine, di essere il fondamento eroico del programma, di “fare la differenza”.  Un telefilm completamente dimenticabile.