venerdì 1 marzo 2013

HOMELAND: la seconda stagione

 
Ha avuto un piccolo calo Homeland nella seconda stagione, rispetto alla prima, pur rimanendo una serie assolutamente eccellente. Si è un po’ “24izzata”, anche se rispetto a “24” mantiene comunque una dimensione più intima e riflessiva che la rende più umano. Parte a distanza di poco da dove si era terminato il primo ciclo: Carrie (Claire Danes) comincia a riacquistare un certo equilibrio mentale, dopo che si era fatta fare l’elettroshock per gestire la sua depressione bipolare alla fine della prima stagione, e viene richiamata momentaneamente per incontrare una informatrice a Beirut che si fida solo di lei; Nicholas (Damian Lewis) è ora un deputato e si apre per lui la possibilità di essere candidato alla vicepresidenza.
Uno dei punti di  forza del programma è quella di non temere di bruciarsi le cartucce troppo presto. I personaggi vengono messi all’angolo in posizioni da cui non riesci ad immaginare come possano uscirne, ma lo fanno. E le mosse, anche attese, vengono fatte in tempi inaspettati: la rivelazione che Carrie aveva ragione e Brody era un potenziale terrorista non è avvenuta a fine stagione, come magari ci si poteva aspettare, ma presto (2.04). Avviene non appena gli autori compromettono il suo personaggio in modo più deciso, facendogli uccidere un uomo solo per evitare di essere scoperto  (2.03) e decidono di riscattarlo facendo collaborare con gli Stati Uniti. E la cattura e uccisione di Abu Nazir, pure un potenziale narrativo da season finale, è invece utilizzato nel sottofinale (2.11), ideando per la più intima finale un colpo di scena ancor più sorprendente.

Gli attori, tutti eccellenti, brillano nel mostrare la propria ferita vulnerabilità e nel perdersi e ritrovarsi – a questo proposito, centra il bersaglio una puntata come “The Clearing” (2.07) in cui Saul (Mandy Patinkin) riesce a promettere a Aileen, in isolamento, una stanza con una finestra in cambio di informazioni, per poi vederla togliersi la vita. Sempre magnifico il rapporto padre-figlia fra Brody e Dana (Morgan Saylor), la cui storia secondaria di omissione di soccorso in seguito ad un incidente stradale pure è degno di nota, per come tocca i temi della responsabilità e della colpa, ma anche dell’essere adolescenti e genitori. Su tutto svetta come sempre il rapporto fra i due protagonisti principali, ora di gatto e topo, ora d’amore.  Come sempre, una serie intensa da non perdere.

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