Con una miscela di
empatia e ironia, franchezza e pudore, ingenuità e competenza, Sex Education (Netflix) racconta delle
scoperte sessuali e di vita di un gruppo di adolescenti inglesi.
Otis Milburn (Asa
Butterfield, assolutamente perfetto per la parte e con un je ne se quoi che ricorda un giovanissimo Joshua Jackson dei tempi di Dawson’s Creek) è un adolescente vergine
che, nonostante la sua inesperienza e la difficoltà a masturbarsi, ha una
grande conoscenza indiretta in campo sessuale, acquisita ascoltando la madre
con cui vive, un’apprezzata sessuologa, la dottoressa Jean Milburn (Gillian
Anderson, The X-Files), che ha il suo
studio professionale in casa. Una compagna di scuola di Otis, Maeve (Emma Mackey),
abbandonata a se stessa, sempre a corto di soldi e con la reputazione di bad-girl, gli propone di fungere da
improvvisato terapeuta per i compagni di classe che hanno ogni genere di
problema e quesito. Spinto anche dal suo migliore amico Eric (Ncuti Gatwa),
gay, Otis accetta e fra i primi suoi clienti c’è Adam (Connor Swindells, Harlots), bullo che tormenta Eric e
figlio del rigido preside del liceo da loro frequentato, Mr. Groff (Alistar
Petrie).
Ideata da Laurie Nunn,
di primo acchito ci si domanda perché non si sia pensato prima a fare una serie
di questo tipo, ovvero che parla di sesso agli e con gli adolescenti: brillante
quanto necessario. Si fa davvero educazione sessuale. Otis si ritrova a che
fare con il compagno che non riesce ad avere un orgasmo quando fa sesso con la
sua ragazza, come con la coppia lesbica che non riesce a trovare un’intesa,
quella che si lamenta di avere troppi peli pubici o quella che ha inaspettati
problemi di vaginismo e quello che vuole solo fingere di parlare con lui per
far credere alla ragazza che gli piace di essere sessualmente attivo... Si
riesce a parlare di aborto (1.03) mostrando
la ragione per farlo, e il supporto necessario e utile in queste situazioni,
non evitando tra l’altro la possibile ostilità degli antiabortisti piazzati
fuori dalla clinica.
[ATTENZIONE
SPOILER da qui in poi]. Si è frizzanti e divertenti: non ci sono predicozzi, ma le
vicende si dipanano anche come storie di formazione, amicizia e come commedia
romantica. Otis si innamora di Maeve, e quando Jackson (Kedar
Williams-Stirling), campione di nuoto della scuola, si rivolge a lui per
chiedergli consiglio su come conquistarla lui (1.04) è in estrema difficoltà.
La puntata scritta dall’ideatrice insieme a Laura Neal, è stata costruita in
modo impeccabile, con Otis che all’inizio si lascia sfuggire dei suggerimenti
nel tentativo di difendere la ragazza che ama, e poi, nonostante i buoni
propositi etici, fa il gioco del suo “rivale” decidendo volontariamente di
sabotarlo. Quando finalmente lei si rende conto di amare lui, lui comincia ad
interessarsi ad Ola (Patricia Allison). Ostacoli che sono classiconi che ci
fanno tifare perché la coppia riesca a stare insieme.
Chi lamenta il fatto che
l’eteronormatività condanna l’omosessuale al perenne ruolo di “amico di” qui
può gioire del fatto che, se è comune che sia amico della protagonista
femminile, ben più raro è vedere che sia il punto di riferimento per un coetaneo
maschio etero. Anzi, l’amicizia al maschile è una delle parti meglio riuscite
di questa pregevole serie, ed è meraviglioso come si mostra un mondo in cui si
può essere sicuri della propria mascolinità senza che questo implichi omo o
tranfobia – la puntata del compleanno di Eric (1.04) è particolarmente efficace
in proposito – o se si è consapevoli del potenziale implicito sessismo di certi divertimenti ritualizzati – e
qui basta pensare alle parole di Otis sul ballo scolastico e le inadeguate
aspettative sul romanticismo che crea (1.07) – e di aspettative di gender e solidarietà
femminile – non si può non pensare alle studentesse in assemblea scolastica che
si alzano una a una a dichiarare “è la mia vagina”, riferita a un’immagine che
era di una solo di loro, ma poteva rovinarle la reputazione (1.04), senza
trovarla divertente, commovente ed empowering. Fa tornare alla mente una vecchia pubblicità di preservativi.
A chi lamenta la trita
rappresentazione della sessuologa come una donna dai forti appetiti sessuali e
molto disinibita, non posso che dare ragione, è uno stereotipo un po’ abusato,
ma si riesce ad evitare di farne una macchietta, e diventa tridimensionale non
solo nel suo ruolo di madre, ma anche nel rapporto con l’idraulico Jakob (Mikael
Persbandt), che con lei vorrebbe una storia seria. A chi infine si lamenta che
nelle serie in generale, e anche qui, ci si preoccupa sempre troppo di
insegnare come far bene le fellatio e troppo poco a far bene il cunnilingus mi
unisco io, ma c’è tempo per esplorare ulteriormente anche questi aspetti, che
comunque si dimostra, dal proprio atteggiamento, di non voler trascurare.
La sessuologa clinica
nella vita reale Lindsay Doe, che su YouTube ha un canale chiamato Sexplanations
(che non ha nessun legame di per sé con questa serie) ha detto (non chiedetemi
in quale delle molte puntate) che la domanda che le pongono più spesso le
persone è “Sono normale?”. Azzardo a dire che qui si risponde un pochino a
quella domanda nel senso che si mostrano tante situazioni e tanti comportamenti,
o per lo meno si comincia a farlo sbirciando nell’argomento, e si mostra che la
normalità ha tante facce. Lo stesso protagonista Otis, che pure lo sa bene, si
sente diverso, indietro rispetto ai propri compagni (1.06). Se sotto i
riflettori c’è la pubertà, la serie parla di fatto di sesso anche agli adulti
perché alcune problematiche rimangono vere a tutte le età.
Si è molto espliciti,
anche nel mostrare, si potrebbe forse dire pruriginosi ma l’intento non è di
ammiccamento o solleticamento, è più maturo e si è attenti a non scindere la
parte carnale dalle questioni psicoaffettive, e si mostrano con naturalezza insicurezze,
imbarazzi e desideri. Per me la si può sicuramente inserire già fra le migliori
serie del 2019.
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