C’è una storia d’amore
proibito, un gay loud & proud,
c’è vergogna e autoaffermazione, c’è humor e tragedia: si vedono a grana grossa
le impronte digitali di Russell T. Davies (Queer
As Folk, Cucumber) nella sua
apprezzata miniserie in tre puntate A
Very English Scandal (BBC One, Amazon prime e Fox Crime in Italia) basata sull’omonimo
libro di John Preston, che racconta di un effettivo scandalo risalente agli
anni ’70: Jeremy Thorpe (Hugh Grant), deputato molto in vista del partito
liberale, ha una storia omosessuale di diversi anni (le vicende partono nel 1965) con un giovane
stalliere, Norman Josiff, poi Norman Scott (Ben Whishaw). Quando Jeremy vuole
scaricare Norman per il rischio che porta alla sua carriera politica, Norman
minaccia di rendere pubblica la loro relazione che può provare avendo
conservato alcune lettere d’amore. Jeremy cerca di pagare il silenzio di
Norman, anche con l’aiuto dell’amico Peter Bessell (Alex Jennings), e in
seguito arriva addirittura ad ordinare la sua morte. Il tentato omicidio
fallisce, la vicenda diventa pubblica e finisce in tribunale.
La quintessenza del
messaggio di Davies si vede nel personaggio di Norman, un ragazzo non troppo
equilibrato, ma onesto e sfacciato nell’essere se stesso, e per questo forte. Se
all’esordio il giovanotto è un timido campagnolo che accusa l’amante di averlo
contagiato con il virus dell’omosessualità, e che legge La stanza
di Giovanni di Baldwin, presto acquista una forte consapevolezza della
propria dignità, e ci sono un paio di brevi monologhi che riecheggiano il
famoso coming out di Stuart ai
genitori in Queer As Folk. Norman,
quando racconta della sua relazione non ha dubbi nel dichiarare (1.02) che lui
per Thorpe non era stato una prostituta, non era stato la scopata di una notte
o una sveltina al buio, era il suo amante. Dice la verità. Con tutta la forza e
la veemenza che la verità sa avere.
In tribunale (1.03) al
processo, accusato di voler solo screditare una persona famosa per un
tornaconto economico, appassionatamente declama “Se mi pagano è perché posso
dire la verità. Non mi interessano i soldi, ma quello che mi interessa è che
uomini come me vengono spinti in un angolo e masturbati al buio e poi buttati
fuori dalla porta come fossimo sporcizia, come se non fossimo niente, come se
non esistessimo, e tutti i libri di storia vengono scritti con uomini come me
assenti. Per cui sì, parlerò, verrò ascoltato e verrò visto, vostro onore. Per
cui potete pagarmi o no, non mi importa, ma quello che non riuscirete a fare è
farmi stare zitto!”. (La traduzione è mia.
L’originale è: If they are paying me, it's because I can say the truth.I don't
care about the money, but I do care how men like me are shoved into corners and
masturbated in the dark and then thrown out the door like we're dirt, like
we're nothing, like we don't exist! And all the history books get written with
men like me missing. So, yes, I will talk, I will be heard and I will be seen,
Your Honour You can pay me or not pay me, I don't care, but the one thing you
will not do is shut me up!). Si concede di crollare a piangere nel bagno, ma poi, ai complimenti
delle amiche, risponde con verve: “Sono stato rude, sono stato vile, sono stato
frocio, sono stato me stesso”. Autoaffermazione, in puro stile Davies.
E questo si pone in
contrasto alla condanna di una società che, disapprovando relazioni e
sentimenti che considera inappropriati, spinge le persone alla vergogna di sé.
I suicidi degli omosessuali sono considerati alla stregua di omicidi perpetrati
dalla legge (1.01) e si contestualizza la vicenda in un momento storico in cui
si combatte per legalizzare il rapporto fra persone dello stesso sesso: ma se
la legge porta la libertà, non è quella che libera dal senso di pietà e disprezzo
altrui, che si interiorizza. Quella trasformazione si ha solo trasformando la
cultura. Si è realistici nel mostrare anche i pericoli di vivere le relazioni
nell’ombra. Alcune donne, come in
passato in altri lavori di Davies, affiancano i protagonisti mostrando grande
comprensione e solidarietà.
C’è molto humor nella
narrazione: nella brillantezza di Norman in tribunale, che spiazza l’avvocato
di Thorpe, nella sua ostinazione nel cercare di ottenere la National Insurance
Card, una tessera necessaria a trovare un lavoro in Inghilterra, nel suo rapporto
con i cani, nella relazione stessa. Ed è mescolato a critica sociale, tragedia,
cuore. Davvero c’è Davies al suo meglio, con un cast che riesce a rendere
giustizia ad ogni parola: sia Hugh Grant che Ben Whishaw sono impeccabili, sottili
nel rendere le sfumature di quello che è stato anche amore, ma non solo quello.
Un successo artistico e morale.
Un successo artistico e morale.
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