sabato 2 marzo 2019

HOMECOMING: un teso thriller psicologico


ATTENZIONE SPOILER. In Homecoming, ideato da Eli Horowitz e Micah Bloomberg per Amazon Prime Video sulla base di un podcast dallo stesso nome, seguiamo due linee temporali diverse: nel presente Heidi Bergman (Julia Roberts) lavora come terapeuta in un centro governativo segreto di supporto alla transizione chiamato “Homecoming” il cui obiettivo sulla carta è quello di aiutare i soldati che sono stati in guerra a riabituarsi alla vita civile, ma che in realtà, sotto la direzione di Colin Belfast (Bobby Cannavale, Mr Robot), ha ben altri obiettivi, con risultati che sfuggono loro di mano, ovvero azzerare i ricordi dolorosi ai fini di re-inserire personale già qualificato in contesti conflittuali. Fra i casi seguiti più da vicino da Heidi c’è quello del giovane Walter Cruz (Stephan James). Nel tempo futuro, quattro anni dopo, Heidi lavora come cameriera in un locale e vive con la madre Ellen (Sissy Spacek) e non ha memoria del suo passato e degli esperimenti in cui è stata coinvolta nella struttura del Homecoming, gestita dal gruppo Geist. Un agente del Dipartimento della Difesa, Thomas Carrasco (Shea Whigham, Boardwalk Empire), indaga su che cosa sia accaduto in quegli anni e in che cosa consistesse quel progetto.   

La serie, che si avvantaggia molto nella su interezza della sensibilità registica di Sam Esmail (l’ideatore di  Mr Robot, di cui si sente l’eco stilistico), mantiene le due linee temporali distinte con un semplicissimo stratagemma: un diverso formato di ripresa, un rapporto d’aspetto 16:9 per il 2018, che restringe lo schermo quando ci porta nel 2022. Nel momento in cui Heidi finalmente ricorda, in “Protocollo” (1.08), sullo schermo assistiamo a una dilatazione del formato davanti ai nostri occhi, un aprirsi della memoria che viene reso fisico e visuale quanto è personale e cognitivo. Il tono costante è teso e c’è un sottotono di paranoia – a partire da “Ananas” (1.02) quando uno dei militari si lamenta del gusto dell’ananas, mettendo in dubbio di trovarsi in Florida, come secondo lui cercano di far loro credere – e cospirazione: la chiusura di stagione, anche con una inquietante fine post-titoli di coda, preme ulteriormente l’acceleratore. Non è forse un classico – ahimè forse con qualche fondamento – il sospetto che l’esercito tratti i propri sottoposti come cavie conducendo esperimenti su di loro a loro insaputa? C’è anche una banale tran tran e allo stesso tempo un costante senso di minaccia, un po’ alla Hichcock, nello svolgimento dell’intrigo. Molto è costruito su conversazioni e come ben sottolinea James Poniewozik, sul New York Times, tutto è “blando e minimalista” e si coglie bene come gli spazi anonimi, gli eufemismi e il depersonalizzato linguaggio aziendale possano essere più terrificanti di scene da paura.

Forte è il tema della memoria, non solo perché Heidi sembra aver cancellato il proprio passato, ma proprio perché con la memoria si ha a che fare, e con i ricordi dolorosi di chi ha vissuto scenari di guerra e con il disturbo post-traumatico da stress. I ricordi dolorosi, le esperienze penose non fanno parte di quell’importante bagaglio che ci rendono chi siamo? Ci sono interrogativi sui limiti etici dei propri esperimenti, anche lì dove sono eventualmente motivati da ragioni nobili, e proprio quelle ragioni sono qui messe in discussione, additando alla corruzione del sistema, un tema caro a Esmail. Il sovracitato Poniewozik osserva acutamente che parte di quello che Homecoming si domanda è quanto responsabile tu debba essere, quanto in alto in un’organizzazione, perché tu sia moralmente responsabile. L’impotenza anche di contrastare simili negligenze è incarnata da Thomas, che da un lato viene ripreso dai propri superiori perché indaga oltre quello che la prassi professionale gli richiederebbe, dall’altro viene sminuito e ridicolizzato da Colin che lo etichetta denigrandolo come un insignificante impiegato che, pur scoprendo la verità, non può fare nulla in proposito: ha ragione, è costretto ad ammettere Thomas. Che cosa serve a scardinare queste realtà tanto potenti quanto apparentemente invisibili?

Questo ipnotico thriller psicologico è stato rinnovato per una seconda stagione, sans Julia Roberts.

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