Quando avevo letto che era
in previsione una comedy intitolata Schmigadoon! (AppleTV+), ho pensato che
non avrei potuto assolutamente perdermi una serie con un titolo così divertente
e perfetto. Si capisce all’istante che è una parodia - in inglese il prefisso
“schm” è un prestito yiddish che segnala in qualche modo una presa in giro - di
Brigadoon un romantico musical del 1947 di Vincente Minellli,
tratto dall’omonimo spettacolo teatrale, che amavo da ragazzina (anche se ora
ammetto di non ricordarlo molto). E poi, con quel cast! Anche solo la presenza
di Alan Cumming (The Good Wife), che
qui interpreta il sindaco Menlove (nomen
omen) mi sarebbe stato sufficiente, ma qui c’è imbarazzo di abbondanza di
nomi noti e amati, alcuni con un invidiabile pedigree di teatro musicale: Fred
Armisen (il Reverendo Layton); Kristin Chenowith (la signora Layton); Jaime
Camil (Doc Lopez); Jane Krakowski (la contessa); Martin Short (il leprecauno)…
Lì dove ci sono grandi
aspettative, c’è sempre il rischio che vengano deluse. Posso dire che dalle
prime due puntate che ho visto, di sei previste, non delude.
Josh (Keegan Michael-Key)
e Melissa (Cecily Strong), due medici newyorkesi, sono una coppia in crisi che
decide di prendersi una vacanza col proposito di rinvigorire il loro rapporto.
Durante una camminata si perdono. Arrivano a un ponte che attraversano e sono
subito nella cittadina stile anni-40-50 di Schmigadoon, dai colori brillanti ed
ipersaturi (pensate a Pushing Daisies),
vegetazione visibilmente finta e scenografie in 2D. Gli abitanti a ogni piè
sospinto si lanciano a cantare e ballare, come frequente modo di comunicare,
anche quando Josh e Mel supplicano loro di non farlo, di fermarsi, visto che
non sono amanti del genere musical - lui in particolare, che ad un certo punto
dichiara che è come se The Walking Dead
fosse anche Glee (1.02). Non solo.
Presto si rendono anche conto che sono bloccati lì. Potranno andarsene solo
quando troveranno il “vero amore”. E, qualunque cosa questo sia, chiaramente in
questo momento non lo sono l’uno per l’altra. Danny (Aaron Tveit, BrainDead), addetto al locale lunapark,
comincia subito a fare il cascamorto con Melissa, così come la giovanissima
Betsy (Dove Cameron) fa le fusa a Josh.
La creazione di Cinco Paul e Ken Daurio si muove su più
piani, perché si tratta di un musical a tutti gli effetti, celebrativo e amante
del genere, ma contemporaneamente si deridono certi cliché. I protagonisti
principali sono esasperati dal continuo irrompere della musica durante le loro
conversazioni, così come potrebbe accadere a noi se succedesse una cosa del
genere da un momento all’altro sul serio nella vita. Sono nel musical, ma c’è
allo stesso tempo consapevolezza che nella vita reale questo non si
verificherebbe, un po’ come accade in Zoey’s
Extraordinary Playlist o nella puntata “One more with feeling” di Buffy the Vampire Slayer.
Gran parte dell’ironia
viene però dalla scollatura fra i mores dell’epoca in cui il film da cui si
trae ispirazione è stato filmato, e in cui è “immersa” questa realtà, e quelli
attuali. I rapporti fra i sessi in particolare e la vita in generale sono molto
cambiati nel tempo, più di quanto a volte non ci si renda conto, e il costante
rimarcarlo viene fatto con intelligenza e ironia, facendoci notare proprio
quanto distanti da noi sono i valori messi scena all’epoca. Contemporaneamente
però qui è un luogo in cui si va in cerca dell’amore e si suppone che un nucleo
fondamentale sia valido ora come allora, nelle intenzioni degli autori, vista
la premessa. L’uso marcato, ma in qualche caso estremamente sottile, del doppio
senso fa sì che certi scambi che diventano maliziosi con pochissimo.
Si ride forse meno di
quanto non accadesse in un Galavant,
ma c’è la stessa autoconsapevolezza socio-antropologica di un Crazy Ex-Girlfriend, forse in qualche
modo al contrario, nel senso che quest’ultima usava i testi delle canzoni per
esprimere concetti progressisti; qui i testi delle canzoni, così come le
situazioni, sono fortemente ancorati alla tradizione – in modo voluto, tale da
evidenziare anche posizioni potenzialmente problematiche per la sensibilità
contemporanea - e sono i personaggi che sono le leve che scardinano costantemente,
e proprio verbalmente nella diegesi, questa inappropriatezza per il mondo
corrente, così come noi la noteremmo e commenteremmo nel vederla in una
rappresentazione del passato: che sia rimarcare che fare un’asta sul cestino da
pic-nic di una ragazza equivale a metterla a disposizione del maggior offerente
al mercato, o chiedere al sindaco “Sei Gay?” e sentirsi rispondere “cerco di
esserlo” (gay/gaio)… Schemi relazionali che un tempo si davano per scontati ora
ci fanno accapponare la pelle, e Schmigadoon!
ci ricorda quanto rendendolo divertente. Si nota da subito il color-blind casting della
produzione, un elemento che ne tradisce la contemporaneità, e si accoglie come
davvero brillante il fatto che siano Josh e Melissa stessi a rilevarlo, con un
commento che diventa osservazione metatestuale ingranata nel testo.
Attendo con impazienza il rilascio delle prossime puntate. Fra i produttori esecutivi spicca Lorne Michaels (Saturday Night Live) e la regia di tutte le puntate è di Barry Sonnenfeld.
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