lunedì 19 luglio 2021

SCHMIGADOON!: un ironico "Brigadoon" moderno

Quando avevo letto che era in previsione una comedy intitolata Schmigadoon! (AppleTV+), ho pensato che non avrei potuto assolutamente perdermi una serie con un titolo così divertente e perfetto. Si capisce all’istante che è una parodia - in inglese il prefisso “schm” è un prestito yiddish che segnala in qualche modo una presa in giro - di Brigadoon un romantico musical del 1947 di Vincente Minellli, tratto dall’omonimo spettacolo teatrale, che amavo da ragazzina (anche se ora ammetto di non ricordarlo molto). E poi, con quel cast! Anche solo la presenza di Alan Cumming (The Good Wife), che qui interpreta il sindaco Menlove (nomen omen) mi sarebbe stato sufficiente, ma qui c’è imbarazzo di abbondanza di nomi noti e amati, alcuni con un invidiabile pedigree di teatro musicale: Fred Armisen (il Reverendo Layton); Kristin Chenowith (la signora Layton); Jaime Camil (Doc Lopez); Jane Krakowski (la contessa); Martin Short (il leprecauno)…  

Lì dove ci sono grandi aspettative, c’è sempre il rischio che vengano deluse. Posso dire che dalle prime due puntate che ho visto, di sei previste, non delude.

Josh (Keegan Michael-Key) e Melissa (Cecily Strong), due medici newyorkesi, sono una coppia in crisi che decide di prendersi una vacanza col proposito di rinvigorire il loro rapporto. Durante una camminata si perdono. Arrivano a un ponte che attraversano e sono subito nella cittadina stile anni-40-50 di Schmigadoon, dai colori brillanti ed ipersaturi (pensate a Pushing Daisies), vegetazione visibilmente finta e scenografie in 2D. Gli abitanti a ogni piè sospinto si lanciano a cantare e ballare, come frequente modo di comunicare, anche quando Josh e Mel supplicano loro di non farlo, di fermarsi, visto che non sono amanti del genere musical - lui in particolare, che ad un certo punto dichiara che è come se The Walking Dead fosse anche Glee (1.02). Non solo. Presto si rendono anche conto che sono bloccati lì. Potranno andarsene solo quando troveranno il “vero amore”. E, qualunque cosa questo sia, chiaramente in questo momento non lo sono l’uno per l’altra. Danny (Aaron Tveit, BrainDead), addetto al locale lunapark, comincia subito a fare il cascamorto con Melissa, così come la giovanissima Betsy (Dove Cameron) fa le fusa a Josh.

La creazione di Cinco Paul e Ken Daurio si muove su più piani, perché si tratta di un musical a tutti gli effetti, celebrativo e amante del genere, ma contemporaneamente si deridono certi cliché. I protagonisti principali sono esasperati dal continuo irrompere della musica durante le loro conversazioni, così come potrebbe accadere a noi se succedesse una cosa del genere da un momento all’altro sul serio nella vita. Sono nel musical, ma c’è allo stesso tempo consapevolezza che nella vita reale questo non si verificherebbe, un po’ come accade in Zoey’s Extraordinary Playlist o nella puntata “One more with feeling” di Buffy the Vampire Slayer.

Gran parte dell’ironia viene però dalla scollatura fra i mores dell’epoca in cui il film da cui si trae ispirazione è stato filmato, e in cui è “immersa” questa realtà, e quelli attuali. I rapporti fra i sessi in particolare e la vita in generale sono molto cambiati nel tempo, più di quanto a volte non ci si renda conto, e il costante rimarcarlo viene fatto con intelligenza e ironia, facendoci notare proprio quanto distanti da noi sono i valori messi scena all’epoca. Contemporaneamente però qui è un luogo in cui si va in cerca dell’amore e si suppone che un nucleo fondamentale sia valido ora come allora, nelle intenzioni degli autori, vista la premessa. L’uso marcato, ma in qualche caso estremamente sottile, del doppio senso fa sì che certi scambi che diventano maliziosi con pochissimo.

Si ride forse meno di quanto non accadesse in un Galavant, ma c’è la stessa autoconsapevolezza socio-antropologica di un Crazy Ex-Girlfriend, forse in qualche modo al contrario, nel senso che quest’ultima usava i testi delle canzoni per esprimere concetti progressisti; qui i testi delle canzoni, così come le situazioni, sono fortemente ancorati alla tradizione – in modo voluto, tale da evidenziare anche posizioni potenzialmente problematiche per la sensibilità contemporanea - e sono i personaggi che sono le leve che scardinano costantemente, e proprio verbalmente nella diegesi, questa inappropriatezza per il mondo corrente, così come noi la noteremmo e commenteremmo nel vederla in una rappresentazione del passato: che sia rimarcare che fare un’asta sul cestino da pic-nic di una ragazza equivale a metterla a disposizione del maggior offerente al mercato, o chiedere al sindaco “Sei Gay?” e sentirsi rispondere “cerco di esserlo” (gay/gaio)… Schemi relazionali che un tempo si davano per scontati ora ci fanno accapponare la pelle, e Schmigadoon! ci ricorda quanto rendendolo divertente.  Si nota da subito il color-blind casting della produzione, un elemento che ne tradisce la contemporaneità, e si accoglie come davvero brillante il fatto che siano Josh e Melissa stessi a rilevarlo, con un commento che diventa osservazione metatestuale ingranata nel testo.

Attendo con impazienza il rilascio delle prossime puntate. Fra i produttori esecutivi spicca Lorne Michaels (Saturday Night Live) e la regia di tutte le puntate è di Barry Sonnenfeld

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