mercoledì 10 novembre 2021

PURE: coraggiosa e audace

Pure (su RaiPlay in Italia, ma dell’inglese Channel4), una serie britannica di una sola stagione (non è stata rinnovata) di sei episodi basata sull’omonimo libro di Rose Cartwright, ha come protagonista Marnie (Charlie Clive, al suo primo ruolo televisivo), una ventiquattrenne tormentata costantemente da pensieri sessuali intrusivi da quando aveva 14 anni.

Quando questi costanti flash di atti sessuali, in cui lei a volte è coinvolta, a volte è solo spettatrice, in occasione dell’anniversario dei suoi genitori cominciano a riguardare anche loro, si spaventa ancora di più e scappa dalla Scozia a Londra cercando una via di fuga. Lì almeno, fra milioni di persone, non deve dimostrare niente a nessuno e può essere chiunque.  

È un dramedy, e c’è molta leggerezza anche nel trattare una questione delicata e difficile. Lei a un certo punto dice di essere come il protagonista de ll Sesto Senso, solo che invece di vedere persone morte, lei vede persone nude (1.01). Si sghignazza, ma a quel punto è già molto ben chiaro come sia una sofferenza per lei vivere tutto questo, e di come lo sarebbe per chiunque. Ipotizza di essere lesbica, e di non ammetterlo nemmeno con sé stessa, ma queste fantasie che non riesce a controllare le impediscono anche di fare sesso: quando si trova con la testa fra le gambe di una ragazza per la prima volta, immagina di farlo con sua madre e non riesce a proseguire. Non esattamente una goduria.  E fantasie con uomini mettono in crisi anche l’ipotesi che sia lesbica. “Non so che cosa non vada in me”, si dice, e si vede che è un tormento. “Non è sexy, è disgustoso” (1.02) quello che le accade, per come lo vive.

Non trova sollievo nemmeno dal partecipare a un gruppo di auto-aiuto (1.02) per persone dipendenti dal sesso o dalla pornografia. Gli altri la guardano senza riconoscerla e lei stessa si rende conto che non appartiene a nessun gruppo. Finché non sembra riuscire a dare un nome a quello che ha: OCD – disturbo ossessivo compulsivo, che per sé stessa aveva escluso. Il titolo lo avevo immaginato come un riferimento alla purezza in modo ossimorico, visto il problema con cui convive la ragazza, ed è probabile che anche questa lettura sia voluta, ma in realtà viene proprio da “Pure O”, O puro, noto anche come OCD puramente ossessivo, l’etichetta che viene data a quello di cui soffre. Finalmente prova sollievo. Ma non è sufficiente, rimane fortemente confusa: perché lo immagina, se non desidera farlo? Come distinguere se si tratta di una compulsione patologica o se è genuinamente attratta da qualcuno e arrapata? (1.04)

Alle normali difficoltà di scoprire chi si è e che cosa si cerca in una relazione e nel rapporto con gli altri si aggiunge tutta una dimensione che fa interrogare la protagonista su sé stessa e se mai possa avere una vita normale. C’è paura, disorientamento e solitudine. E si medita anche sull’intimità, su come sia il poter confessare a qualcuno le proprie vulnerabilità e quello che ci spaventa di noi stessi, cosa che lei non riesce a fare con l’amica Shereen (Kiran Sonia Sawar, The Nevers) che la ospita a casa sua, o con l’amica storica Helen (Olive Gray) che va a trovarla (1.05), ma che invece le viene naturale con l’amico appena conosciuto nel gruppo di auto-aiuto, Charlie (Joe Cole, Black Mirror), che ha una storia secondaria, con il quale si trova in sintonia per avere entrambi problemi “inconfessabili” perché socialmente tabù. Poi la gente magari ti sorprende. Il messaggio finale è infatti comunque di speranza: per trovare veramente se stessi bisogna avere il coraggio di mostrare agi altri chi si è veramente, anche o forze soprattutto quando mostrarlo ci fa paura.

La sceneggiatura di Kirstie Swain, che ha adattato il libro, ci offre una serie su sessualità e salute mentale che non è azzardato definire coraggiosa e audace. 

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