lunedì 1 novembre 2021

EVIL: la seconda stagione

Anche più che nella prima, ha continuato a essere godibilissima la seconda stagione di Evil (che dalla CBS si è spostata alla Paramount+) dove, attraverso l’espediente di un procedurale in cui il trio di protagonisti deve indagare sulla validità di presunte possessioni demoniache, eventi sovrannaturali vari e affini, esamina questioni pesanti come la natura del male, il libero arbitrio, psicologia e spiritualità, traumi e paure, fede e ragione…E per certi versi sarà anche considerata una sorta di X-Files più moderna e religiosa, ma vede i protagonisti molto personalmente compromessi, e immersi in modo personale tanto quanto i personaggi della settimana il cui caso devono investigare. Nella seconda stagione in particolare emergono i loro demoni più oscuri.

David Acosta (Mike Colter, Luke Cage), che è prossimo all’ordinazione sacerdotale della season finale (2.13), è tormentato da visioni che cerca di decifrare. E a pungolarlo è anche il demoniaco Leland Townsend (Michael Emerson, Person of Interest, Lost). Tutte le interpretazioni sono molto convincenti, ma come sempre Emerson è sinistramente magnetico, creepy, minacciosamente umoristico anche: qualunque scena con lui è must-see, non si riesce a smettere di guardarlo. Schernisce, irride, pungola, stuzzica, e si infiltra nella vita dei personaggi: un vero incubo.  Lo scettico Ben (Aasif Mandvi, The Daily Show), che non crede ma è stato comunque cresciuto in una famiglia dove la madre era una devota musulmana, deve fare i conti con quella eredità spirituale, pur rigettandola, e permette alla serie di espandere il suo sguardo al di là della chiesa cattolica, che qui è il loro “datore di lavoro”. Perfino il vescovo Marx (Peter Scolari, recentemente scomparso) è stato al centro di un episodio in cui sono venuti a galla i suoi fin troppo umani peccati. 

Chi in quest’arco è stata più messa sotto pressione è stata la psicologa Kristen Bouchard (una spettacolosa e versatile Katja Herbers, Westworld). Si lamenta il fatto che mentre agli uomini ormai è stato permesso di avere dei forti antieroi (The Sopranos e The Shield sono i primi due programmi che di primo acchito mi saltano alla mente), per le donne non è stato finora altrettanto facile. Ho apprezzato intellettualmente, ma sono stata anche moralmente in difficoltà ad accettare una “eroina” che ha ucciso in modo premeditato l’uomo che minacciava le sue figlie. La stagione si apre proprio a ridosso di quell’atto. Aveva tutte le giustificazioni possibili, ma è diventata un’assassina, tormentata lei stessa da quanto ha fatto. Non un terreno facile su cui tenerla. Si rivolge al suo psicoterapeuta, il dottor Bogg (Kurt Fuller). E attraverso sogni e visioni e altri espedienti il rimorso di lei e la paura sono venuti a galla, fino al crollo (2.13). Il suo comportamento è cambiato, è diventato aggressivo e violento in alcune occasioni, ed è stato notato. La scomodità della sua posizione è stata tanto più rilevante in quanto lei stessa lo condanna razionalmente e non vuole che diventi l’insegnamento che lascia alle sue quattro figlie. La serie rimane ambigua, e questa è parte della sua forza.

Ogni puntata si apre con un “caso della settimana” che viene annunciato da un libro pop-up di cose terrificanti che ha il titolo dell’episodio. Ha dialoghi intelligenti e storie che vengono direttamente dai titoli dei giornali, così come i King, che qui sono ideatori e produttori esecutivi, ci hanno abituato in The Good Wife e The Good Fight. Non condivido che abbia un livello di caos pari a The Leftovers, per quanto senza essere pretenzioso, come ha twittato Emily Nussbaum, ma sottoscrivo il fatto che continui a sorprendere per la sua capacità di miscelare gonzo e filosofico. A volte si vorrebbe che quest’ultimo aspetto fosse maggiormente approfondito. La linea di fondo sembra essere, a dispetto di tutto lo scetticismo, che c’è una guerra in corso fra bene e male, una guerra spirituale che diventa tanto più fisica quanto ci sia avvicina alla sua realtà, verità, essenza.  

E i personaggi che incarnano varie prospettive sono sempre messi in crisi essi stessi.

Un tema caro già nella prima stagione è stato quello della misoginia. Questo giro torna ad esempio in “S sta per Silenzio” (2.07), quando si recano in un convento dove i monaci hanno fatto voto di silenzio e dove lavora una giovane suora al loro servizio, che stringe un’istantanea gioiosa amicizia con Kristen. La disparità e la segregazione fra uomini e donne così come il trattar male delle donne non viene accettata perché quello è il loro modo di fare, ma viene sottolineata in più passaggi. E l’introduzione dell’apparentemente mite Sorella Andrea (Andrea Martin), particolarmente ostile, dà un ulteriore rinforzo femminile alla serie.

La storyline orizzontale di sottofondo, già ripresa dalla precedente stagione, che vede la squadra credere che i demoni abbiano il controllo di una clinica della fertilità e corrompano spiritualmente gli ovuli delle donne in attesa, ancora deve trovare una risoluzione, e il coinvolgimento sempre maggiore della madre di Kristen, Sheryl (Christine Lahti), offre molto materiale per una prossima attesa terza stagione. 

Nessun commento:

Posta un commento