lunedì 13 aprile 2020

EVIL: il paranormale declinato dai King



Ideato dai coniugi King (The Good Wife, The Good Fight, Braindead), Evil, dell’americana CBS, si addentra in un territorio in parte nuovo per la coppia, quello dei fenomeni paranormali, e se il risultato non è ai livelli di apice a cui ci hanno abituato, nondimeno si riconosce il loro stile e traspare uno spessore molto in sintonia con le loro corde e forse inusitato al genere.

Kristen Bouchard (Katja Herbers), una psicologa forense di New York, viene assunta da David Acosta (Mike Colter, The Good Wife) un aspirante sacerdote cattolico, per indagare su fenomeni paranormali e di possessione allo scopo di stabilire se siano veri o meno. Insieme a loro lavora anche Ben Shakir (Aasif Mandvi), un esperto di tecnologia. Lì dove David è il credente, Kristen e Ben gli fanno da contraltare come scettici pronti da dargli delle spiegazioni scientificamente fondate. Molti fenomeni hanno spiegazione, ma tanti altri no. Nel corso delle loro indagini Kristen si scontra con il viscido, minaccioso dottor Leland Townsend (Michael Emerson, Lost, Person of Interest), un esperto di occulto che ha connessioni con forze demoniache e che spinge gli altri a commettere azioni malvage. Si avvicina pericolosamente alla quattro figlie di Kristen, che lei cresce sola in assenza del padre via per lavoro, e stringe una relazione con la madre di lei, Sheryl (Christine Lahti).

Le puntate sono genericamente autoconclusive incapsulate in una trama orizzontale di sottofondo, vaga ma che via via che si procede si fa più pregnante (alla maniera già usata nelle precedenti creazioni dei King), con una accattivante mitologia (una mappa con simboli demoniaci, una veggente che parla per Dio, i “60”, il simbolo della capra, videogiochi che portano al limite della realtà…). La forza maggiore del programma sta nel riuscire a mantenere un buon equilibrio di scienza vs. miracoli, fra fede e sospetto, fra razionale e irrazionale in un modo che non si prende gioco dell’intelligenza dello spettatore, ma facendo leva sull’autosuggestione, così come questa coinvolge i protagonisti. La sensazione di minaccia è pressante, sublime e godibilissima quando è in scena Michael Emerson, che sa essere creepy come pochi, ma si crea anche attraverso altri canali, in primis attraverso le paure dei protagonisti che prendono una vera a propria forma: nel caso di Kristen si tratta del mostro George, tanto umoristico quanto minaccioso e obbrobrioso, e che emerge nei suoi incubi portando alla luce quelle preoccupazioni che la mente razionale tiene sedate.

Si riflette su concetti come la manipolazione, la superstizione, le teorie cospiratorie e si riesce in modo indiretto a fare delle riflessioni sulla natura del bene e del male e su come potenzialmente nascono e si sviluppano concetti distruttivi – penso alla mirabile storia di misoginia sviluppata con un personaggio secondario, attivamente spinto da Leland per propri fini a odiare le donne e a compiere atti di terrorismo (con una conclusione inaspettata e ottimale), o anche al mettere in bocca a un personaggio così subdolo e maligno frasi come “la gentilezza è ipocrisia”. Si fa proprio un lavoro di cesello nello screditare i veri mali della quotidianità, nella confezione di storielle sovrannaturali molto easy.

Alla prima stagione di 13 episodi, i cui titoli contengono sempre un numero, farà seguito una confermata seconda stagione.  

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