venerdì 23 dicembre 2022

WEDNESDAY: un gustoso YA creepy

Wednesday, o se preferite Mercoledì, la rivisitazione per Netflix ad opera di Tim Burton del noto personaggio, è diventato un successo istantaneo, già un culto, ed è facile capire il perché: è un sapiente cocktail che miscela umorismo macabro, rivalità e riti di passaggio adolescenziali, mistero e investigazione che incrocia Nancy Drew a  Stranger Things, con un pizzichino di Riverdale e una spruzzata di Buffy, sullo sfondo di un look che mescola l’attuale trend per l’estetica dark-academia e studenti con poteri sovrannaturali alla Harry Potter, pure inseriti in un simile contesto scolastico e di corpo docenti, con un’eroina sicura di sé, ma in fondo vulnerabile, che sardonicamente enuncia battute graffianti. In più è ancorata a un cult della TV, e lo reinterpreta dando anche letture nuove ad elementi ricorsivi ben noti, come lo schioccare delle dita che i protagonisti fanno nella sigla originaria. Godibilissimo.

Mercoledì Addams - una Jenna Ortega che in questo ruolo non viene mai vista battere le ciglia, cosa che ne aumenta l’aria vagamente inquietante, e che si merita tutti gli applausi che sta ricevendo per la sua memorabile iconica interpretazione – viene espulsa da scuola per aver liberato dei piraña in una piscina della scuola, piena di compagni, che avevano maltrattato suo fratello minore, Pugsley. È ormai l’ottava scuola da cui viene cacciata e i genitori, la madre Morticia (Catherine Zeta-Jones) e il padre Gomez (Luis Guzmán), decidono di iscriverla nella loro alma mater, la Nevermore Academy (nome che è un riferimento ad Edgar Allan Poe), che accoglie emarginati di ogni genere, vampiri, lupi mannari, gorgoni, sirene, e persone con poteri particolari, come ad esempio Xavier (Percy Hynes White ), che ha il potere di far vivere la propria arte (se disegna un ragno, questo può animarsi e uscire dal figlio) o Eugene Otinger (Moosa Mostafa) che ha il potere di controllare le api…

La preside Weems (Gwendoline Christie, Il Trono di Spade), ex-allieva della scuola nonché vecchia compagna di Morticia, la accoglie con entusiasmo e Mercoledì, pur contro la sua volontà, si vede costretta a frequentare la scuola e a frequentare sedute di psicoterapia con la dottoressa Valerie Kinbott (Riki Lindhome, del duo comico Garfunkel and Oates). Punto di riferimento adulto per ogni necessità è la “normie”, come chiamano i “normali”, Marilyn Thornhill (Christina Ricci, che ricordiamo ha interpretato lei stessa Mercoledì nel film La Famiglia Addams degli anni ‘90), insegnante di botanica. A “vegliare” su di lei c’è in ogni caso Mano (Thing in originale, Victor Dorobantu), una mano senziente che riesce a vedere e comunicare con lei. Anche zio Fester fa una comparsata (1.07) – e chi avrebbe detto che Fred Armisen (Portlandia) sarebbe stato così perfetto per la parte?

La giovane Addams, che accompagna il look gotico e un atteggiamento nichilista a un broncio d’ordinanza, si vede pure costretta a dividere la sua stanza con la gioiosa, radiosa, sorridente e coloratissima Enid (Emma Myers), una licantropa, che ha una cotta per un gorgone, Ajax (Georgie Farmer), che cerca comunque di farsela amica. Raccoglie immediatamente la dichiarata rivalità di una sirena, Bianca Barclay (Joy Sunday), brillante studentessa. Mercoledì scopre di avere il potere psichico di visioni del passato e del futuro, che la colgono all’improvviso, senza che lei possa controllarlo o prevederlo. Un compagno di classe viene ucciso da una misteriosa creatura e lei indaga, nonostante questo le attiri l’ostilità dello sceriffo Donovan Galpin (Jamie McShane) della Jericho, la cittadina del Vermont dove si trova la scuola. Il figlio di lui, Tyler (Hunter Doohan), che non ha un buon rapporto col padre, e lavora al locale coffee shop, dimostra un interesse per lei.

Se dalla seconda puntata ne ho capito lo spirito, il pilot non mi aveva troppo entusiasmata, devo ammettere. Mi ha preso in contropiede perché trovavo la protagonista spocchiosa e che si reputava superiore agli altri (cosa che lei esplicitamente in seguito dice di non sentirsi), e non gradivo il disprezzo che dimostrava nei confronti dei compagni: non trovavo affatto divertenti le battute dirette a ferirli. Non ci ho visto nemmeno sadismo, solo noia.  Non sono mancati i detrattori in generale, che hanno accusato Netflix di aver confezionato un prodotto troppo alla CW, ovvero una classica storiella adolescenziale, solo decorativamente gotica, poco realistica e prevedibile, incapace di staccarsi dai classici tropi delle rivalità scolastiche, rivelazioni sul passato dei genitori e indecisioni romantiche, e di sguazzare in modo derivativo in quei cliché tribali dell’adolescenza a cui la protagonista dice di non essere interessata. Non basta darle qualche tratto autistico, renderla asociale e non farle volere un cellulare per renderla anticonvenzionale.

Parte delle critiche a questa creazione di Alfred Gough e Miles Millar (entrambi già ideatori di Smallville) hanno fondamento, ma in realtà la serie funziona ugualmente, e in parte anche perché dietro alle risate che l’eccesso di impassibilità, il gusto per il macabro e le battute taglienti garantiscono – se guardi gli Addams non è il realismo dei dialoghi che cerchi - si vede comunque una persona che si percepisce come diversa, e che non ha timore di mostrarlo, come celebra la gloriosa scena di ballo alla festa della scuola in “Woe what a Night” (1.04) ormai diventata virale: è un inno alla propria bizzarra individualità e indubbiamente una delle scene televisive memorabili dell’anno.

Intrattenimento YA creepy mortalmente gustoso.

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