mercoledì 30 luglio 2025

YOUR FRIENDS & NEIGHBORS: da finanziere a ladro

Ho avuto di Your Friends and Neighbors (Apple TV+), la più recente serie con protagonista Jon Hamm (Mad Men), ideata da Jonathan Tropper, la stessa impressione che ho avuto anni fa nel leggere il suo romanzo This is where I leave you, divenuto poi un film che non ho visto: c’è una grande capacità di tracciare i rapporti umani, ma tutto rimane un po’ volatile, con la sensazione di leggerezza. Non superficialità, perché le questioni trattate hanno il loro peso, ma decisamente mancanza di approfondimento. Questo dark comedy crime drama, come viene definito, con un cast di prim’ordine, convince ma non conquista, si segue con piacere e lascia con perle di riflessione, ma non appaga con un bottino intellettuale ed emotivo a fine visione. Con note in voice-over da parte del protagonista, ha come fulcro di interesse la quieta disperazione dell’uomo di mezza età (1.03), quando vede la sua vita apparentemente perfetta frantumarsi in mille pezzi e, come ha ben scritto Variety, smaschera la fragilità nel sogno americano.

Andrew "Coop" Cooper (Jon Hamm) è un ricco finanziere che viene licenziato senza mezze misure dal suo capo (Corbin Bernsen), con la scusa posticcia (lei non lo accusa) di avere molestato una collega. Per mantenere il suo livello di vita, lo status e le apparenze, grande filo conduttore del programma, si riduce a rubacchiare ai vicini di casa, spesso suoi amici: orologi, vini pregiati, borse di lusso, quadri, diamanti… Di ciascuno indica quanto costano, ma solo cose, senza un interesse sentimentale, sono oggetti che non mancheranno a nessuno, spesso dimenticati in un cassetto o acquisiti come investimento. Pur essendone ancora innamorato, Coop è divorziato da Mel (Amanda Peet), una psicoterapeuta con la quale ha due figli, Tori (Isabel Marie Gravitt) e Hunter (Donovan Colan). L’ex-moglie, che pure ha ancora sentimenti per lui, dopo anni che ha cercato di far sì che lui le prestasse attenzione, si sentiva sparire e lo ha tradito con Nick Brandes (Mark Tallman), un giocatore della NBA che era il suo migliore amico. Lui ora ha una storia con Samantha ‘Sam’ Levitt (Olivia Munn), separata e amica della sua ex; come autentico amico gli rimane il suo business manager, Barney Choi (Hoon Lee), sposato con Grace (Eunice Bae); dato che non è più in grado di pagarle una clinica, e che i genitori se ne fregano, accoglie in casa la sorella musicista Allison "Ali" (Lena Hall) che ha problemi di squilibrio mentale. Pagare gli alimenti, il mantenimento dei figli, la retta di una scuola privata, il mutuo, l'affitto dell’appartamento dove vive come sigle e spese varie, nascondendo di aver perso il lavoro, lo spingono ai furti, stringe una collaborazione criminale con la domestica di Nick, Elena (Aimee Carrero). La vita delittuosa lo conduce inevitabilmente a situazioni molto pericolose, compreso essere arrestato per un omicidio che non ha commesso (1.07).

Coop riscopre i veri valori della vita e, dopo la delusione di aver perso tutto pur essendo partiti da zero e aver lavorato molto sodo per ottenerlo, riesce a riavere quello che gli spetta, questa volta più saggio. Questo sembra essere il sunto dell’arco di questa prima stagione di 9 episodi per cui è già previsto un prosieguo di una seconda stagione, che insiste troppo esplicitamente proprio dall’incipit che tutto è una metafora. In chiusura si fa una citazione di non ricordo quale autore che dice che “tutto diventa simbolo e ironia quando sei stato tradito”, ma in corso di via questo torna in modo costante e un po’ forzato. Per il resto, molti sono temi trattati, dall’amore all’amicizia, dal senso della vita al proprio ruolo di genitori, figli, partner, al condividere la propria vita con qualcuno in contrasto al vivere da soli, dal valore degli oggetti (quando è che la nostra vita è diventata così vuota che la riempiamo di tutte queste cose?) all’importanza o meno dell’apparenza, dal senso e del valore dell’arte, alle differenze di classe (per quanto il privilegio delle classi abbienti non viene in definitiva scalfito granché) a quello che conta davvero. Nick organizza a Mel una festa spettacolosa (1.04) dove gli invitati le fanno regali presi da Cartier, ma quello che la rende felice è saltare sul tappeto elastico con Coop che le regala un pacchetto di caramelle. C’è chi si impegna per darti il meglio, ed è apprezzabile, ma poi c’è chi con te ha una vera importante connessione di vita e basta qualcosa di piccolo e semplice a creare magia. Molto si riflette anche sugli errori che uno commette, giungendo alla conclusione che raramente si distrugge la propria vita in un singolo momento, di solito ci vogliono più momenti ripetuti nel tempo (1.08).

C’è una buona dose di avventura e si rimane con il fiato sospeso, la risoluzione del giallo è anche appagante e inaspettata, Jon Hamm è un personaggio nuovo ma con flash del Don Draper che lo ha reso famoso: aspetto e cuore da gentiluomo che ogni tanto si è perso lunga la via. Godibile, ma trascurabile.

domenica 20 luglio 2025

THE LISTENERS: intenso

Tratto dal romanzo omonimo di Jordan Tannahill che lo ha portato lui stesso sul piccolo schermo con la regia di Janicza Bravo, e basato su un vero fenomeno noto come The Hum o anche come brusio di Taos o ronzio di Taos in italiano, The Listeners (BBC1) è una potente miniserie in 4 puntate che si presta in molti punti anche a una lettura metaforica. Nella realtà il brusio in questione è stato un fenomeno a lungo indagato e mai spiegato nonostante le ipotesi, e nella finzione televisiva se ne è parlato in passato anche in un episodio di The X-Files.

Un’insegnante di inglese, Claire Kutty (Rebecca Hall, con un’interpretazione molto intensa) comincia a sentire uno strano rumore di sottofondo, una sorta di costante mormorio. Né il marito Paul (Prasanna Puwanarajah) né la figlia diciasettenne Ashley (Mia Tharia) né altre persone nella sua vita sentono alcunché. Non si tratta di acufeni, perché se si tappa le orecchie non lo sente più. Cerca di fare ogni possibile analisi che le venga in mente ma tutti i test medici risultano negativi. La dottoressa le dice che è semplicemente ipersensibile al rumore bianco probabilmente, e cause possibili sono la perimenopausa, l'ansia o lo stress. La psicologa ipotizza una causa psicosomatica. Lei non è convinta. Non capisce più a un certo punto che cosa sia reale e cosa no, e questo la spaventa: ha paura di perdere sé stessa, in qualche maniera, ma contemporaneamente è convinta che non sia tutto nella sua testa. È un percorso molto familiare a chi ha una malattia difficile da diagnosticare, ho pensato guardandola.

Un suo studente adolescente, Kyle Francis (Ollie West), le rivela di sentire lo stesso brontolio, e insieme cercano di capire cosa possa essere che causa questo problema: forse sono le pale di energia eolica? fabbriche vicine e quindi inquinamento acustico industrale? il 5G? Insieme poi si  rivolgono a un gruppo di supporto, dove ci sono persone che convivono con questo problema da tempi differenti.  Il leader del gruppo, Omar (Amr Waked), dice che la maggior parte delle persone non percepiscono le frequenze sotto i 20 Hertz, loro forse sono fra i pochi che invece percepiscono qualcosa di simile; la sua ipotesi è che ci siano dei fulmini che causano questo rumore nell’atmosfera per via della risonanza Schumann e che loro riescono a percepire. Questa vicenda per Claire crea tensioni in casa con il marito, che la lascia, e appena si scopre che è uscita sola con un suo studente fuori dalla scuola viene aperta un’investigazione e lei perde il lavoro.  

Le domande sono però più delle risposte. Perché non lo sentono da tutta la vita? Qual è il trigger? Altre culture e persone di altri periodi storici lo sentivano? C’è anche spazio per i complotti: che sia qualcosa di controllato dal governo? Le ipotesi portate avanti sono alcune delle spiegazioni proposte nella vita vera e si arriva in questo specifico caso a una spiegazione (la perdita di un gasdotto), ma fino in ultimo si rimane con il dubbio che sia altro.

Quello a cui assistiamo è una epifania personale. Claire comincia ad essere sempre più trascinata dall’esperienza che diventa al di là dell’estati. La dimensione mistico-religiosa fa percepire questo rumore come “il suono dell’eternità” o “il suono della terra” e ad agitarsi come una tarantolata sdraiata a terra. Ha sconvolto la sua vita, con qualcosa che apparentemente è piccolo, ma lei percepisce come enorme. Comincia a fare sogni strani, allucinati. Non cerca più di allontanarlo con fastidio, ma lo cerca e incanala. Sono forse episodi psicotici, è soggetta a manipolazione mentale da quando è entrata in un gruppo che da molti è descritto come una setta? Il sedicente leader ha un passato torbido, e lui e la moglie Jo (Gayle Rankin) sono stati accusati già in passato di aver formato un cult  sessuali.   

La forza principale della narrazione sta nel tenersi in buon equilibro fra il sospetto che ci sia sotto qualcosa di poco limpido e la soggettiva, genuina, coinvolgente, reale esperienza di chi vive quella realtà. Per questa ragione è al contrario lo spettatore in disequilibrio. Non c’è dubbio che è legittimo che i familiari dei coinvolti temano un influsso del gruppo di persone percepite come pazze. Il marito e la figlia che vedono allontanarsi sempre di più la persona che amano, la madre del diciassettenne che vuole che esca dalla casa dove si incontrano e chiama la polizia, o che teme che ci sia grooming dell’insegnante nel confronti del proprio studente, che si rivolge all’autorità scolastica e non vuole che ci siano più contatti fra loro sono sensati e ragionevoli. Vediamo anche l’altra parte e siamo consapevoli che non sono matti, contemporaneamente c’è una punta di sospetto che ci sia qualche possibile problema altro; se fosse un nostro familiare non avremmo la stessa preoccupazione che si approfitti della sua vulnerabilità allontanandolo da noi? Sono due punti di vista che si scontrano, ma in cui ci sono valide ragioni da entrambe le parti. Si comprende perché chi sente questo rumore graviti verso un luogo che accoglie la loro “stranezza”, dove si sentono compresi e accettati, e queste persone non sono viste come ignoranti o ingenue. Sono persone anche messe in crisi dalla propria percezione della realtà, dal loro cervello. Sono credibili tutti, anche i capi della presunta setta, che non sono macchiettistici cattivi, non vengono deumanizzati. Anche il finale è inaspettato.

Con il fatto che la protagonista è un’insegnante, le scritte sulla sua lavagna danno possibili chiavi di lettura di quanto accade. Si incrociano vari aspetti tematici e stilistici: l’amore come malattia, il realismo magico, la non linearità del tempo, il narratore non attendibile…Il tono generale di questo thriller psicologico è teso, snervante, a tratti allucinatorio, comunque delicato.

giovedì 10 luglio 2025

TASTEFULLY YOURS: gustosamente romantico e umoristico

Mi mancheranno i personaggi di Tastefully Yours (Netflix), una miniserie umoristico-romantica in 10 puntate (ma ne sarebbero benvenute altre), che di primo acchito ho trovato poco convincente, ma  poi mi ha conquistata con il suo cuore. È una favola con lieto fine, in parte prevedibile sulla base degli stilemi del genere, dove al massimo fra i protagonisti si arriva a un paio di baci e un “ti amo”, ma realizzata con garbo. È una di quelle storie  che sai che andrà a finire bene, ma vuoi vedere come e con i tuoi occhi, e se le immagini dei fotogrammi scelti alla fine di ogni puntata mi ha trasportato nostalgicamente all’infanzia perché mi ha ricordato fortemente gli album di figurine dei vari programmi TV, ho molto gradito anche il saluto finale di autori e attori che hanno ciascuno lasciato un messaggio personale in linea con il tema del programma.

ATTENZIONE SPOILER

Il potenziale erede dell’impero culinario del Gruppo Hansang, il direttore esecutivo Han Beom-woo (Kang Ha-neul), vuole a tutti i costi far sì che il proprio ristorante, il Motto, riceva tre stelle. Per questo è in competizione col fratello Han sun-woo (Bae Na-Ra) che ha un ristorante chiamato La Lecel, che pure cerca di raggiungere lo stesso obiettivo. Chi prima otterrà il riconoscimento avrà in eredità l’intero impero. A metterli l’uno contro l’altro è la madre anaffettiva, Han Yeo-ul (Oh Min-ae ), unicamente interessata al proprio conglomerato. Il cibo e i suoi ristoranti sono più importanti dei suoi figli, non è nemmeno andata al funerale della madre, anche se era giustificata dal fatto che l’azienda sarebbe fallita se non fosse andata, mentre questa è stata una nonna amorevole verso i nipoti facendo loro apprezzare piatti deliziosi (1.10), e se la si vede piangere sulla tomba della defunta è solo per il tempo in cui viene filmata dalle telecamere ai fini pubblicitari.

Beom-woo non ha una grande cultura culinaria, per lui un ingrediente vale l’altro, gli interessa solo il successo a cui viene spinto dalla genitrice. Per questo ha assunto una valente cuoca Jang Young-hye (Hong Hwa-yeon) che, molto ambiziosa, inizialmente è più interessata ai riflettori che non a essere messa sotto pressione in cucina. Quando stanno per lanciare il loro nuovo menu con un piatto esclusivo, si rende conto che c’è un altro locale che lo propone. Vi si reca e scopre con sorpresa che è una piccola locanda gestita da una giovane cuoca in bolletta, Mo Yeon-joo (Go Min-si) che al contrario è appassionata di quello che rende la cucina veramente speciale, dei sapori, degli ingredienti accuratamente selezionati, anche per stagionalità e biologici, della maestria con cui si realizzano i piatti che impara a pensare per le persone che li mangeranno. Chef Mo, che è stata abbandonata in fasce davanti a un convento e lì cresciuta, si è in seguito laureata con lode alla prestigiosa scuola di cucina CIA e ha esperienza in un rinomato ristorante, dal quale se ne è andata dopo essersi presa la colpa di un errore compiuto dal ragazzo di cui era innamorata, Jeon Min (Yoo Yeon-seok), pure lui uno chef.

Quando il giovane protagonista perde il suo locale a favore del fratello, a causa di uno sgambetto di quest’ultimo, decide perciò di fare una proposta a questa giovane cuoca mirando a diventare lui il numero uno sulla piazza. Segretamente vuole fare quello che ha fatto sempre ovvero rilevare ristoranti più piccoli, rubarne le ricette e poi chiuderli. Dovrebbe farlo anche in questo caso, ma si innamora, scopre il valore della cucina fatta non solo per soldi, l’esserci gli uni per gli altri. A condividere le avventure culinarie di Beom-woo e Yeon-Joo ci sono Jin Myeong-sook (Kim Shin-rok) la dipendente di punta del ristorante di gukbap più famoso della zona che sogna lei stessa di diventare un’autentica cuoca, e Shin Chun-seung (Yoo Su-bin) figlio del proprietario di quel ristorante di gukbap, che tutti considerano un buono a nulla finché in questo contesto non riesce a dimostrare le proprie capacità. Lavorano insieme a imparano a volersi bene.

Rispetto alle storie occidentali di questa natura, i personaggi si preoccupano meno di spiegare i propri comportamenti o errori per arrivare al perdono e all’avvicinamento reciproco. Lo vediamo noi e tanto basta. Sono più riservati. Spesso quando c’erano dissapori avrei voluto gridare ai personaggi: spiega all’altro che cosa ti spinge a comportarti così, non aspettare che ti legga nel pensiero! Il bello in ogni caso, quello che tante produzioni occidentali sembrano spesso aver dimenticato è vedere la costruzione del rapporto e come l’innamoramento non sia istantaneo, ma graduale, quando ci si conosce.   Ci sono momenti delicati, minimi, di attrazione accennata: lui la vede che si addormenta sull’autobus e le cade la testa contro il vetro e si siede accanto a lei e lei appoggia la testa contro la sua spalla, lui la prende per mano per correre a ripararsi dalla pioggia, lei lo tira verso di sé quando vede che la pensilina della fermata dell’autobus ha un buco sulla tettoia che rischia di bagnarlo… C’è il primo castissimo bacio su fuochi d’artificio a forma di cuore e quando lui vuole mettersi con lei arriva l’ex di lei (1.05) l’ostacolo-tropo per eccellenza. Ci sono le innocue schermaglie amorose e battute. Quando lui la accompagna al mercato a comprare dei granchi, la invita con entusiasmo a guardare come al maschio piaccia la femmina, lei lo fredda ribattendo che sono tutte femmine, cosa che spegne il suo sorriso in modo per noi esilarante.

Scritta da Jung Soo-yoon, con la regia di Park Dan-hee mostra anche cibo da far venire l’acquolina in bocca ha un peso notevole, sia sul fronte propriamente gustativo che su quello valoriale: una competizione di food truck dove loro presentano Gimbap classico avvicina i quattro come squadra. Un padre opposto a matrimonio del figlio con una francese cena con i genitori di lei e, sebbene ostile, attraverso il cibo si avvicinano (1.05). Veniamo da Paesi diversi ma il palato non fa distinzioni, osservano. Un pasto casalingo fuori competizione (1.10) costringe i due fratelli a sedersi con la madre intorno a un tavolo e a riassaporare piatti che evocano ricordi intimamente connessi con sentimenti radicati aprendo spiragli emozionali.

Si riflette sui rapporti familiari (i fratelli con la madre, dei due fratelli che si riavvicinano, Chef Mo con la monaca che le ha fatto da madre o sempre lei con il cuoco del ristorante da cui si è licenziata, in una storia secondaria, Shin Chun-seung con il proprio padre), sul valore dell’onestà e dell’importanza delle persone che contano più del denaro. La recitazione è solida.