Tratta dalla serie di romanzi
dello scrittore danese Jussi
Adler-Olsen disponibili in italiano per Marsilio, Dept. Q - Sezione casi
irrisolti (Netflix) è una di quelle serie giallo-poliziesche-thriller,
ideata da Scott Frank (The Queen’s Gambit) e Chandni Lakhani, in cui gli
inglesi eccellono.
Siamo ad Edimburgo, in Scozia. Protagonista
principale è un detective della polizia, l’Ispettore Capo Carl Morck (Matthew Goode, A Discovery of Witches,
Downton Abbey, The Good Wife), un uomo difficile e misantropo, una
di quelle persone nella vita insopportabili e intrattabili perché arroganti,
antisociali e tormentate, ma che almeno sullo schermo risultano affascinanti,
anche se di fatto anche i suoi colleghi nella diegesi faticano a tollerarlo. È da poco rientrato al lavoro dopo una
sparatoria in cui è morto un giovane agente di pattuglia e in cui il suo
partner, pure suo amico James Hardy (Jamie Sives), è rimasto paralizzato –
nell’abitazione di un uomo trovato accoltellato alla testa hanno subito
un'imboscata da parte di un delinquente armato e mascherato di cui ancora non
si è scoperta l’identità. Viene costretto con riluttanza a terapia psicologica con
la dottoressa Rachel Irving (Kelly Macdonald, Boardwalk Empire) come
sostegno per superare quello che ha passato.
Al comandante di Morck, Moira
Jacobson (Kate Dickie), il governo scozzese, che vuol migliorare la propria
immagine, offre un consistente budget per istituire un nuovo dipartimento per i
crimini irrisolti, la Sezione Q. Non credendoci troppo e volendoselo togliere
dai piedi, lo affida proprio a lui. Gli viene assegnato un ufficio/bagno mezzo
fatiscente come ufficio e gli vengono affiancati il civile Akram Salim (Alexej
Manvelov), un ex poliziotto siriano con un passato che preferisce tenere nascosto, in apparenza molto calmo e gentile ma che non si fa problemi con la violenza, e
l'agente Investigativa Rose Dickinson (Leah Byrne) che ha un incidente nel suo
passato che deve lasciarsi alle spalle e problemi di PTSD (disturbo
post-traumatico da stress), e a lui si unisce anche il collega ora paraplegico.
Il primo caso che decidono di
riaprire è quello della scomparsa di una procuratrice della Corona Britannica, Merritt
Lingard (Chloe Pirrie), il cui capo è il Lord Procuratore Stephen Burns (Mark
Bonnar). Prima di sparire quattro anni prima, la donna viveva con il fratello William
(Tom Bulpett), un ragazzo con deficit cognitivi di cui si prendeva cura nella
quotidianità come badante la governante Claire Marsh (Shirley Henderson). Vista
l’ultima volta a bordo di un traghetto, prima di svanire Merritt aveva ricevuto
minacce di morte anonime. Tutti la credono morta, ma è invece ancora viva tenuta prigioniera in una camera iperbarica
da rapitori di cui si scoprirà l’identità solo alla fine, costretta a fare un
esame di coscienza per capire a chi abbia fatto torto e chi la stia tenendo in
condizioni disumane. È stata una
parte questa che ho trovato abbastanza disturbante. Non che obiettivamente si
veda niente di particolarmente schioccante, ma la tortura quotidiana, anche
psicologica, trasuda in modo molto coinvolgente. Che ci siano dietro problemi
psichiatrici o meno, e qualunque ne sia il movente, è sempre destabilizzante
assistere a persone che infliggono sofferenza ad altri, tanto più se avviene in
modo prolungato.
Anche se il caso è affidato ad
altri poi, Morck cerca di scoprire chi gli abbia sparato sebbene al termine di queste
nove puntate della prima stagione non si arrivi ad una soluzione rispetto a quell’aspetto.
“Interpretato con competenza
dispeptica da Goode, Morck si colloca all'estremità benigna dello spettro
dell'intrattabile. Pensa che tutti gli altri siano stupidi e non è molto in
sintonia con i sentimenti altrui, ma non è afflitto da dipendenze come il Dr.
House di Hugh Laurie, né prova particolare piacere nelle sue ostilità come il
Jackson Lamb di Gary Oldman (inoltre, scoreggia meno). È un misto di tristezza,
traumatizzazione e narcisismo più della figura ultra-intensa sull'orlo di un
esaurimento nervoso che appare nella sigla d’apertura. Pur essendo permaloso e
facilmente deluso, è disposto a fare da mentore quando intuisce il potenziale
di Akram e Rose” ben scrive l’Hollywood
Reporter. Divorziato con un figliastro adolescente a carico, Jasper (Aaron
McVeigh), cerca di costruire un rapporto produttivo con questi. In alcuni
momenti, con lui in particolare ma non solo, si intravedono degli sprazzi in
cui la realtà altrui penetra nei suoi pensieri e Goode è magistrale nel far
trasparire le infiltrazioni nella corazza, ben protetta da abbondanti dosi di
sarcasmo. Il punto di forza del programma dopotutto sta non tanto nella
procedura per risolvere il caso criminoso quanto nell’umanità dei personaggi
coinvolti. È proprio per questa
tensione introspettiva che anche la sorte della vittima risuona in modo così
forte.
Fresh
Air nella sua recensione fa un’osservazione a cui da sola non avrei
pensato, ovvero che sebbene il mercuriale Carl sia presumibilmente la mente del
gruppo, o quanto meno il leader, quasi tutte le scoperte utili vengono fatte
dal suo team e come questo sia un tema molto nordico, “la superiorità dell’aver
fiducia nel lavoro di squadra rispetto all'individualismo indisciplinato. Carl
si considera l'uomo più intelligente in ogni stanza. Ma senza l'aiuto di coloro
che lo circondano, è solo un'anima infelice con un'intelligenza da bruciare”.
Con un ritmo abbastanza lento e un mood tetro e atmosferico, Dept Q ti lascia teso fino all’ultimo e ben si merita l’etichetta di prestige crime drama.
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