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domenica 17 febbraio 2013

FESTIVAL DI SAN REMO 2013: vince Mengoni

Ha vinto Marco Mengoni questa edizione 2013 del Festival di San Remo, anche selezionato per partecipare all’Eurovision Song Contest, con la canzone “L’essenziale”. Gli altri due finalisti sono stati Elio e le Storie Tese con “La canzone mononota” (secondi) e i Modà con “Se si potesse non morire” (terzi), in un’annata che forse non ha regalato nessuna canzone da annali (anche se solo il tempo lo dirà), ma che ha comunque presentato brani di livello mediamente buono, scelte inizialmente fra due alternative – novità oculata nel promuovere la canzone italiana e gli specifici partecipanti. Nella categoria giovani si è imposto invece un altro ex-vincitore di X-Factor (nella prima edizione, come parte del gruppo Aram Quartet), Antonio Maggio con “Mi servirebbe sapere”.
Le serate sono state condotte con sobrietà e linearità, con Luciana Littizzetto nel ruolo della discola un po’ sboccata e Fazio in quello finto scandalizzato che deve cercare di imbrigliare e mettere in riga, come è nella loro routine. Lei è fin troppo vogare senza che ve ne sia vera necessità, ma è raro che si conceda un simile atteggiamento a una donna, e nel suo ruolo da Gianburrasca ci sta anche. Il vibe generale alle fine, grazie al contemperamento di Fazio è stato comunque ben educato. Non si è sentita aria di crisi: gli ospiti salvo qualche eccezione (una notabile è stata Asaf Avidan) son stati più “made in Italy” del solito, ma erano di un certo peso; la scenografia era forse meno elegante del passato, specie nel proscenio, ma le colonne-video laterali e la magnifica scala a gradini mobili erano una giusta miscela fra movimento, stabile solennità e tecnologia; qualche momento ipotonico (la serata Sanremo-story ad esempio) si è comunque lasciata guardare.
San Remo ha sempre spezzato i momenti musicali con momenti di varietà, e la comicità e satira hanno sempre avuto un ruolo di primo piano. Niente di strano perciò la partecipazione di Crozza. Che si tocchi anche la politica è inevitabile, perché è un argomento rilavante. In fondo di che si ha paura: che qualche battuta ben riuscita faccia pensare? Non sia mai! È ignobile il trattamento riservato a lui come professionista. Un pubblico ostile e irrispettoso è veramente fra quanto di peggio un comico debba trovarsi ad affrontare, e vedere che cercavano di impedirgli di cominciare il suo monologo, che poi di fatto è stato medio (è capace di molto meglio), è stato veramente triste. In compenso nessuno che subito prima si sia nemmeno degnato di fischiare a due insultanti commenti sessisti di Felix Baumgartner invitato per primo. Tutti zitti. Forse protestare quando queste cose accadono fa cadere la necessità di grossi proclami in favore delle donne. Il monologo della Littizzetto nella giornata della mobilitazione contro la violenza sulle donne il giorno di San Valentino è comunque stato uno dei momenti caldi della manifestazione che ha avuto fra i fili conduttori tematici quello del “non importa chi ami, l’importante è amare”, emerso a più riprese.


venerdì 2 marzo 2012

A SAN REMO l'ultima apparizione TV di LUCIO DALLA






È scomparso ieri in Svizzera per un infarto Lucio Dalla. Avrebbe compiuto 69 anni il 4 marzo. La sua ultima apparizione televisiva è stata la recentissima partecipazione a San Remo (sotto), dove è stato direttore d’orchestra presentando “Nanì”, insieme a Pierdavide Carone. 


domenica 19 febbraio 2012

62° FESTIVAL DI SAN REMO: vince Emma


Emma, con la canzone “Non è l’inferno” ha vinto la sessantaduesima edizione del Festival di San Remo. A farla vincere è stata il televoto, dopo che la “golden share” attribuita ai giornalisti aveva eliminato dal terzetto finale Gigi D’alessio e Loredana Bertè (“Respirare”) e aveva portato sul podio come finaliste la tripletta tutta al femminile costituita dalla suddetta, da Arisa (“La Notte”) e da Noemi (“Sono solo parole”). Alessandro Casillo con “È vero (che ci sei)” ha vinto San Remo Social, ovvero la sezione dei Giovani un tempo chiamata anche delle “nuove proposte”. Il premio Mia Martini, della critica, è andato a Samuele Bersani (“Un pallone”).
Dai vincitori è chiara una volta di più una cosa: a  venire premiati sono quei cantanti che i votanti a casa hanno imparato a conoscere nel tempo perché sono emersi da vari talent show – Amici (Emma), X-Factor (Noemi, e Arisa come giudice), Io Canto (Casillo, il Justin Bieber di casa nostra) – interpreti per cui il pubblico è abituato a esprimere la propria preferenza con il televoto. In parte è anche demoralizzante, ma è un elemento che mette in crisi una volta di più, semmai ce ne fosse bisogno, il senso della rilevanza artistica della manifestazione canora che quest’anno era alla sua 62 edizione. Qualche canzone mi è anche piaciuta ( quelle di Bersani e Renga, ad esempio), ma in generale mi sono sembrate irrilevanti.
È stato detto che questo è stato il festival peggiore di sempre, e lo condivido. La serata finale è stata salvata, al volo e quasi per caso si potrebbe dire, dalla presenza di Geppi Cucciari, che con leggerezza e ironia ha incarnato quello che il Festival delle nuove generazioni potrebbe essere e non è stato se non in ultimo grazie a lei. Si è stufi delle vallette scelte solo per la propria bellezza, ma che non sanno spiccicare parole e sono inutili, come Ivana Mrazova, puro adorno di uomini attempati; si è stufi di donne il cui talento è o si riduce a mostrare la “farfallina” di turno. Ecco una donna intelligente, professionale e divertente, anche se non bella, che con il suo talento intrattiene e diverte: scende le scale senza scarpe, perché, commenta, se non scendi senza qualcosa sembri fuori posto; “posso non dire parolacce?”, chiede, dicendo che ha studiato dai salesiani e per lei non è buona educazione. Ha dato a lezione a tutti, facendo ridere su quello che nella manifestazione non andava, e nel vedere Morandi chiederle se avesse mai lavorato per la Rai, gli si è letto nella mente che si è rammaricato di non averla chiamata prima.
E poi c’è la questione Celentano, re degli ignoranti, che predica, insulta, e regola conti personali attraverso lo schermo TV: pietoso nella forma e nel contenuto. Anche se è chiaro che il senso finale voleva essere “meno politica, più fede”, ha preso in ostaggio un programma per farne uno diverso, propinando un predicozzo qualunquista ed arrogante. Che canti, che è il suo mestiere. “Basta!” gli hanno urlato dal pubblico, ed è stato un sentimento condiviso, anche nei confronti della Rai, che si finge scandalizzata, ma chiaramente lo lascia sul palco perché sa che con la sua presenza avrà i numeri negli ascolti.
Luca e Paolo, tiepidi in apertura con il loro “Comici soli” (ma l’idea di una versione umoristica di un classico di San Remo continua a piacermi), in chiusura si sono presentati da pagliacci con una preghiera al Signore, parodistica e critica del Molleggiato: un bel commento. Per il resto gradevole Rocco Papaleo, ma poco incisivo come co-conduttore; bella la scenografia; un po’ manchevole la scrittura degli autori, che potevano prevedere materiale extra per Morandi un po’ perso nei momenti di empasse. A lui si vuole sempre comunque bene, e gli si perdonano anche i lapsus che in chiusura inanella per stanchezza. È una parte d’Italia, si vede e si sente.

mercoledì 15 febbraio 2012

Aldo Grasso su Celentano al Festival


Vale la pena leggere la magnifica recensione di Aldo Grasso su Celentano al Festival di San Remo, Il Predicatore Decadente. Alle sue parole posso aggiungerne solo un'altra: amen.

domenica 20 febbraio 2011

Festival di SAN REMO 2011: vince Vecchioni



Il 61° Festival della Canzone Italiana, presentato da Gianni Morandi, è stato vinto da Roberto Vecchioni con la canzone "Chiamami ancora amore". Ha ricevuto il 48% delle preferenze. Secondi classificati sono stati i Modà con Emma che hanno cantato, con una romantica interpretazione sul palco, "Arriverà" (40% dei voti). Terzo, Al Bano con la condiscendente "Amanda è libera" (12%), una delle peggiori canzoni di questa edizione, dove nessuna comunque ha completamente conquistato. Rappresenterà l’Italia all’Eurosong il 14 maggio la rivelazione fra i giovani, Raphael Gualani, che ha accompagnato al pianoforte la jezzata “Follia d’amore”.

Guardare San Remo mi fa sentire italiana. È questo il valore aggiunto di una manifestazione che quest’anno potremmo definire sgangherata. È sempre stato così, e probabilmente anche di più quest’anno che ha celebrato i 150 anni dell’unità d’Italia. Nell’introduzione al libro “Scusi, lei si sente italiano?”, a cura di Filippo Maria Battaglia e Paolo Di Paolo (edizioni Laterza), raccolta di voci di intellettuali vari che spiegano che cosa significa per loro appartenere al nostro Paese, si cita una certa Igiaba Scego, nata in Italia da genitori somali, che ha risposto alla domanda del titolo con un elenco. Alla settima voce dice: quando “sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi”. In questa prospettiva il conduttore è stato una scelta perfetta. Professionalmente c’era e non c’era, a volte caldo e presente (l’intervista finale con Ranieri ne è stato un bell’esempio), a volte sperduto e improvvisato. Troppe volte per promuoverlo. Eppure ha funzionato lo stesso. E l’immagine più bella della sessantunesima edizione del Festival della canzone italiana è stata probabilmente quella finale di Roberto Vecchioni che cantava dopo essere stato proclamato vincitore (e pure la soddisfazione di aver ricevuto il ‘golden share’, della ‘quota d’oro’ della sala stampa), mentre Gianni Morandi lo stava ad ascoltare appoggiato ad una paretina. “Chiamami ancora amore” è stata indicata come possibile percorso futuro della musica italiana: una via di mezzo fra canzone d’autore e canzone popolare.

Uno dei momenti più intensi di questa edizione è stato l’intervento rinascimental-attuale di Roberto Benigni, arrivato a cavallo per poi spiegare l’inno di Mameli. Bravo, ma ogni volta che lo vedo non riesco a non pensare che in fondo è una lezione-tipo del mio professore di lettere del liceo, nell’esposizione dei contenuti, nei guizzi e nelle digressioni, nell’umorismo, nella mimica corporea. Entrambe di una smilza (troppo), ma innegabile bellezza, le due presenze femminili, Belen Rodriguez e Elisabetta Canalis, sono state spigliate e impacciate a pari merito, con punti di forza e debolezza diversi. Più eclettica Belen. Vorrei sapere chi ha pensato che avere un fidanzato americano e vivere da un paio d’anni negli Stati Uniti possa aver reso competente la Canalis a fare da interprete per De Niro, già un soggetto d’intervista non facile nelle migliori circostanze. Ho sofferto per lei, tesa e piena di paura, a dover arrabattarsi in un ruolo per cui ragionevolmente non poteva essere all’altezza. Poverina, alle prese con il participio passato di “to gentrify”, che alla meno peggio avrebbe potuto rendere al limite con “imborghesimento”, ma che si è arresa e rassegnata davanti all’evidenza di non sapere che cosa significasse. Pazienza. Tradurre è difficile anche per chi ha una buona competenza in entrambe le lingue, figurarsi per una che, come lei, non mastica ancora troppo bene l’inglese. Solo, non dovevano metterla in quella posizione. Io ho giudicato vincitori morali di questo Festival i comici-disturbatori Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu. Sono partiti come una forza della natura con la canzone parodia “Ti sputtanerò” – un buon esempio di come in comicità in certi casi le volgarità possono essere usate in modo appropriato ed efficace – e hanno continuato per tutte le serate, in modo esilarante, ma mai chiassoso. Proprio bravi.

Video Rai.TV - Sanremo - Roberto Vecchioni canta la canzone vincitrice del Festival