Visualizzazione post con etichetta romance. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta romance. Mostra tutti i post

lunedì 1 luglio 2024

BRIDGERTON: la terza stagione

Anche con la sua terza stagione Bridgerton si conferma una gustosa caramellina. Questa stagione mi ha convinta meno di altre rispetto alla coppia che era sotto i riflettori, Colin Bridgerton (Luke Newton) e Penelope Featherington (Nicola Coughlan), ma solo perché sono stati un po’ affrettati nel far sì che lui si rendesse conto dei suoi veri sentimenti, diversamente sono rimasta soddisfatta. E quante scene hot! Chi si sarebbe immaginato che una serie così mainstream e “di buoni sentimenti” (non siamo Game of Thrones, voglio dire) mostrasse scene a tre non con uno, ma ben due dei suoi leading men? Una era proprio con Colin con delle prostitute, e francamente non l’ho trovata particolarmente in linea con il personaggio, se non nella misura in cui lo si voleva far vedere ora smaliziato uomo di mondo. Potevano trovare un altro modo. L’altra era con Benedict (Will Tilston) e c’erano di mezzo i sentimenti e una storia vera e propria e in quel caso non mi è affatto dispiaciuta, anche perché per come era stato visto finora quel personaggio che non mostrasse attrazione anche per gli uomini mi era parso poco credibile. Audace, per quello che siamo abituati a vedere.

In primis bisogna riconoscere a Shondaland, che produce la serie, di aver saputo dimostrare con i fatti che non è poi così difficile realizzare la diversità sullo schermo se proprio lo si vuole. Inclusività e varietà basta volerle. Quand’è l’ultima volta che si sono visti tanti neri e bianchi insieme a pari merito? Evviva. E si è fatto lo stesso con la forma corporea. Non si non può notare l’ovvio. Parte del personaggio di Penelope è narrativamente condizionato dal fatto che è grassa.

Quando una giornalista ha commentato sul coraggio che la Coughlan ha avuto a mostrarsi senza veli, lei brillantemente ha risposto: "Sapete, è difficile, perché penso che le donne con il mio tipo di corpo, le donne con un seno perfetto, non si vedono abbastanza sullo schermo. Sono molto orgogliosa di far parte della comunità dei seni perfetti. Spero che vi piaccia vederli". È stata una battuta intelligente che ha creato ilarità, ma sappiamo ben tutti, anche perché in passato ha sempre riferito il fatto che le facevano bodyshaming grassofobico, che vedere una protagonista con la sua mole oggetto del desiderio romantico e sessuale maschile, al pari di chiunque altra, non è qualcosa che si veda di frequente. Ed è fantastico che ci sia.

La prima scena di sesso fra Pen e Colin (3.05) è stata davvero magnifica. Hanno mostrato lei nuda frontalmente dalla vita in su e lui totalmente nudo da dietro. Sono stati spinti, ma hanno saputo calibrare alla perfezione anche il consenso e il fatto che lei era vergine e “ingenua” – per tutte e tre le sorelle Featherington è stato reso chiaro che non se ne intendessero molto su quello che significasse andare fino in fondo, cosa giocata anche sull’ilarità, quando al “sorellastre di Cenerentola” della situazione dovevano cercare di rimanere incinte, ma era evidente che non mettessero in pratica attività consone all’ottenimento del risultato. Quindi un applauso su questo fronte.

E poi, per rimanere in tema di peso, la protagonista di questo arco non è mai stata definita solo dal suo aspetto fisico e ridotta a quello e basta. Certo, nessuno si aspettava attirasse un marito, ed è sempre stata la “carta da parati” dei balli, ignorata e sottovalutata da tutti;  anche per questo era potuta diventare la temuta scrittrice Lady Whistledown, che fa tremare l’alta società con i suoi gossip veritieri, e spesso impietosi. Penelope è sempre stata un personaggio a tutto tondo: tenera, amabile, intelligente, arguta, osservatrice, attenta, generosa, ma a tratti anche crudele. Attraverso il suo alter ego ha potuto prendersi delle rivincite, ma in primis esprimere se stessa.

Inizialmente il futuro sposo non gradiva questa sua attività, per il fatto di esserne stato ferito in passato, ma anche per invidia, come ha ammesso in seguito. Messa alle strette nello scegliere fra l’amore e la sua attività di scrittrice, che le dava potere e indipendenza, non è stata pronta a rinunciare alla seconda per il primo. Ha combattuto per mantenere questa parte della sua identità. Quando Cressida (Jessica Madsen) per un momento (3.05), mentendo, confessa di essere lei la temuta penna, Penelope se ne sente ragionevolmente usurpata. Alla fine, al centro dei riflettori di una grande festa da ballo ammette la verità e se ne prende oneri e onori (3.08).

Negli ultimi anni vari articoli hanno esaminato come il gossip abbia avuto un ruolo importante nelle relazioni sociali, per le donne in particolare, a cui non era permesso molto altro, e come sia stato spesso vilipeso proprio perché associato a loro, svilito a chiacchiera oziosa e demonizzato anche per il ruolo di solidarietà fra loro che creava. Sempre più studi lo esaminano non necessariamente come arma in negativo ma come strumento di potere sovversivo femminista.

In Bridgerton si è ragionato con leggerezza sulla condizione della donna e sul fatto che poter spettegolare significa poter avere una voce. In questa stagione si è parzialmente riabilitata la figura negativa e macchiettistica della madre di Pen, Portia Featherington (Polly Walker). Parlando con lei, la figlia si chiede che cosa ne sia dei suoi sogni se rinuncia alla sua scrittura. L’amara replica è stata “le donne non hanno sogni, hanno mariti”, con la conseguenza che una volta sposate sono i sogni dei mariti a diventare i loro. Se ci si crogiola nella fantasia della storia romantica e del vissero per sempre felici e contenti, non ci si limita alla favola da romanzo rosa, ma si mostra anche la verità della spietatezza del “mercato matrimoniale”, come viene chiamato senza mezzi termini, dove il valore della donna è solo legato al suo essere “sposabile”, nulla di meno romantico. Il personaggio di Cressida, che pure un po’ di backstory ha reso più umano e tridimensionale, è pure visto in quella prospettiva. Tanto zucchero e qualche pilloletta, insomma.

Come sempre ci sono stati costumi e  scenografie da sogno, e ci si può lamentare di storyline secondarie e scene riempitivo occupate da altri personaggi che hanno tolto spazio alla coppia, a cui un po’ più di tempo insieme non sarebbe guastato, e ci si sarebbe avvantaggiati di qualche episodio in più, se si escludono le considerazioni dei costi di produzione, ma al di là di molte critiche condivisibili, motivi per celebrare questo period drama che tanto buzz suscita ce ne sono anche al di là del semplice godersela come scacciapensieri.

martedì 5 gennaio 2021

BRIDGERTON: "Gossip Girl" incontra Jane Austen

È un incrocio fra Gossip Girl e Jane Austen la goduriosamente romantica Bridgerton (rilasciata da Netfllix il giorno di Natale), tratta dal ciclo di romanzi rosa di grande successo di Julia Quinn, ed in particolare dal primo volume “Il Duca e io” (che diventa qui il titolo del quinto episodio). Siamo nell’Età della Reggenza, quindi nell’arco fra il 1811 e il 1820, e specificatamente nel periodo del 1813 in cui le debuttanti dell’alta società vengono presentate a corte. I Bridgerton sono una famiglia inglese, composta da otto figli, quattro maschi e quattro femmine, che hanno l’iniziale del nome in ordine alfabetico per età, e dalla loro madre vedova. La prima stagione è dedicata a Daphne (Phoebe Dyenevor), la più vecchia delle sorelle, e alla sua appassionata storia d’amore con il Duca di Hastings, Simon (Regé-Jean Page), il più desiderato fra gli scapoli. Anche i familiari hanno rilievo nella storia, così come la famiglia Featherington, con le tre figlie, e la temuta scrittrice misteriosa, Lady Whistledown, in originale con la voce di Julie Andrews e in italiano di Melina Martello,  che, proprio come in Gossip Girl, rivela gli scandali e i pettegolezzi in una periodica pubblicazione che attira la curiosità di tutti e la cui identità viene rivelata (ma solo al pubblico a casa, non ai personaggi intra-diegesi) nell’ultimo episodio.

Superati i primi dieci minuti di messa in onda, in cui la narrazione mi pareva troppo smaccata, ho apprezzato questa serie, di cui mi auguro future stagioni dedicate agli altri fratelli, che indossa i propri riferimenti e influenze con consapevolezza e gusto. A momenti ha avuto il sapore di una favola e di una soap opera, e in particolare penso alle vicende dei Featherington o alla figura del padre del Duca, e il gusto naturalmente di un romanzo rosa, visto il materiale d’origine, e la sua forza è stata proprio quella di conoscere bene i cliché dei vari generi attigui, sapendo quando usarli e quando distanziarsene. Li ha irrisi, evidenziandoli, e penso in particolare alle scene in cui i protagonisti commentano i comportamenti di alcune dame e gentiluomini (gli sguardi, i finti svenimenti…), così rivelando le convenzioni e i mores della società dell’epoca, ma al contempo li ha utilizzati senza ritegno (i giuramenti, il duello, i balli…), rinnovandoli anche. Scenografia e costumi sono stati mozzafiato. Il trucco, specie maschile, l’ho trovato un po’ troppo carico, ma è un peccato veniale. 

Questa creazione di Chris Dan Dusen è riuscita anche ad elevarsi dai propri modelli, mostrandosi moderna e intelligente, lì dove ha constatato con realismo come di fronte all’apparente romanticismo ci fosse una pressione inaudita per le giovani donne ad essere il “diamante della stagione”, a trovare marito come unico modo di sopravvivenza, e lì dove con altrettanta precisione ha mostrato come il mantenere la virtù fosse un costo non indifferente non solo per le giovani donne coinvolte, ma per le loro famiglie tutte, che potevano esserne onorate o disonorate, e per gli uomini che le avevano sotto la propria tutela. Ne andava letteralmente della vita, in qualche caso. La politica dei rapporti interpersonali e di coppia come transazione economica è emersa a ogni piè sospinto, da frasi come il pretendente che dichiara che se intende comprare un cavallo non lo chiede all’animale, ma al proprietario, quando ci si rivolge al fratello per avere la mano di Daphne, alla indicazione di “mercato matrimoniale” (1.08) per indicare il senso delle varie soirée, promenade e balli a cui sono tenuti a partecipare i personaggi.

Non si è totalmente cinici, si aspira all’amore che si riconosce come un bene raro, ma si riflette su che cosa faccia un buon matrimonio, talvolta un vero “campo di battaglia” (1.03), arrivando alla conclusione che è una solida amicizia di base che tiene unite le coppie. E solitamente in questo genere di narrazioni le nozze sono il premio ultimo, dopo di che “vissero per sempre felici e contenti”. Non qui: la cerimonia nuziale (1.05), sfarzosa ma ridotta a pochissimi momenti essenziali, non è l’apice, né il traguardo a cui si giunge superati numerosi ostacoli. È solo una tappa, fra le tante di un percorso accidentato, nella consapevolezza che le relazioni sono sempre in fieri, e nella riflessione su questo il rapporto madre-figlia ha avuto bei passaggi.

Il ruolo del vil denaro e dello status, così come dei gender issues, escono dalla bocca dei protagonisti di continuo e danno spessore ideologico piuttosto esplicito alle vicende, così come c’è una pregnante riflessione sul sesso. L’ignoranza in cui erano tenute le giovani donne è un liet motiv che si rivela la spina dorsale della storia, ed è stata declinata ora come occasione di seduzione e intimità - Simon che chiede a Daphe se si tocchi e lei che viene mostrata poi masturbarsi (1.03) sono stati da applauso, sia per la loro deliziosità nella costruzione della relazione fra i due, che per la pregnanza valoriale – ora come ostacolo alla felicità della coppia - il coito interrotto di Simon ai danni dell’ignara neosposa è stato emblematico (1.06). Se questa serie è in una certa misura “l’educazione di Daphne Bridgerton”, come si è espresso l’ideatore (EW), è anche appropriatamente l’educazione sessuale della giovane donna. Le scene di sesso sono davvero sexy, un piacere da guardare, e anche qui, come era successo per Normal People, si è usato sul set un coordinatore di intimità, una figura emersa negli ultimi tempi che si sta rivelando molto importante.

Intelligente è stato anche  il modo di mostrare come le donne dell’epoca, fortemente ristrette nelle proprie libertà, abbiano usato come arma quello che avevano a disposizione, e in questo caso proprio il gossip, che lunghi dall’essere solo qualcosa di frivolo per gente che non ha nulla da fare, è stato uno strumento di  potere e liberazione e difesa (1.02). E attraverso la parola si costruisce anche la bellissima gioiosa amicizia che si mette in scena fra due delle protagoniste femminili, Eloise (Claudia Jessie) e Penelope (Nicola Coughlan), due fra i personaggi più riusciti.  

Questa è stata la prima scripted series per Netflix targata Shondaland, ovvero la casa di produzione di Shonda Rhimes (Grey’s Anatomy, Scandal) che con la piattaforma di streaming ha stretto un contratto da 150 milioni di dollari. Sebbene questo programma non sia scritto da lei (per quello dobbiamo aspettare Inventing Anna, il cui atteso debutto è previsto per quest’anno), si sente ugualmente la sua sensibilità, ed in primis con un casting inclusivo con molti attori BIPOC, come si dice ora  - che sta per Black, Indigenous and People of Color, ovvero Neri, Indigeni e Persone di Colore -, nel ruolo di nobili britannici, in un’epoca in cui presumibilmente non ce n’erano altrettanti. Ci è proprio domandati: è storicamente accurato? Alcuni storici suggeriscono che ci siano prove che nell’aristocrazia britannica ci fosse sangue nero (in proposito, volendo, si legga questo articolo del Post), ma in realtà è poco significativo. Non è un documentario, e la produttrice esecutiva Betsy Beers spiega come non sia un casting daltonico, ma hanno cercato di immaginare la storia e il mondo nel modo in cui volevano vederlo (Entertainment Weekly), nello stesso modo in cui sono state prese licenze poetiche nelle musiche scelte o nell’abbigliamento (e su questo si legga su Vogue l’intervista alla costumista).

Se mi calo per un momento dei panni di Lady Whistledown, e faccio un piccolo volo pindarico metatestuale, non posso che osservare che le debuttanti in società sono le attrici alle audizioni, e che la regina Charlotte (Golda Rosheuvel), nera, è la controfigura di Shonda Rhimes: una malignità senza un fondamento, da parte mia? Scherzi a parte, a meno di non considerare “storia rosa” alla stregua di una parolaccia, e anche però nei limiti di quell’etichetta, Bridgerton è per la gran parte un vero piacere.  

venerdì 13 novembre 2020

NORMAL PEOPLE: ut pictura poësis

 

Mi sento di dire “ut pictura poësis”, citando Quinto Orazio Flacco, quando si tratta di Normal People - Persone Normali (BBC3 e Hulu): come nella pittura, così nella poesia e viceversa, o nel nostro caso, come nel romanzo così nella miniserie. L’autrice Sally Rooney, che ha adattato il proprio libro per la televisione insieme ad Alice Birch e Mark O’Rowe ha dichiarato: “La storia e i personaggi sono rimasti intatti, ma il nostro modo di drammatizzare il loro rapporto è cambiato, e abbiamo dovuto prendere decisioni su come cambiarlo. Non per incasinare gli aspetti fondamentali del libro, ma per preservarli. Se cerchiamo di attenerci troppo al libro, ci ritroviamo con qualcosa che non preserva l'essenza della storia” (cfr. l’intervista su THR). Ho letto il libro, e purtroppo lo ricordo poco nonostante sia stata una delle mie letture preferite nel 2019 (è uscito nel 2018), ma la serie me ne ha fatto appassionare di nuovo e l’ho amata altrettanto, trovandola fedele nell’essenza al ricordo che ne avevo. Slate segnala le differenze fra la versione cartacea e quella video: non molte.  

La complessa relazione fra Marianne (Daisy Edgar-Jones) e Connell (Paul Mescal) è al centro di tutto. Si conosco al liceo nella contea di Slingo, in Irlanda: lei vive con la madre Denise (Aislín McGuckin), anaffettiva e fredda, e il fratello Alan (Frank Blake), invidioso e abusante, alienata dai compagni di scuola che la esludono e bullizzano e che lei tratta con sufficienza;  lui, laconico e dolce,  abita con la madre single, Lorraine (Srah Greene) che fa le pulizie nella ricca casa di lei; in seguito continuano a frequentarsi all’università Trinity College di Dublino, dove entrambi eccellono negli studi e hanno le proprie cerchie. Hanno una relazione, inizialmente segreta, a intermittenza. Il loro è un rapporto di sesso, di amore, di amicizia, di intimità, di affinità intellettuali, di conversazioni, di incomprensioni, di reciproco saziarsi l’uno dell’altra e completarsi e di comprendesi in profondità contemporaneamente nell’incapacità talvolta di farlo nel modo più basico ed elementare. Due anime diversamente tormentate, specie quella di lei che si sente perennemente non amata, non voluta e inadeguata, con impulsi masochistici, ma anche quella di lui, che non riesce a dimostrare quello che prova o che pensa e si nasconde perché si vergogna dell’opinione che gli altri hanno di lei pur non condividendola. Entrambi sono molto vulnerabili al di là dell’apparenza coriacea.

La resa televisiva è stata superlativa, nella messa in scena, nella sceneggiatura, nella recitazione spettacolosa da parte di tutti, riservata e coinvolta insieme, nei silenzi e nelle conversazioni anche apparentemente casuali, misurate, nel detto come nel non detto, nelle romantiche, spinte ma appropriatissime scene di sesso – raramente ho visto sullo schermo rapporti sessuali che sapessero così bene esprimere come al di là del piacere siano in grado di costruire un rapporto, dove l’intimità non è dovuta alla nudità frontale, ripetutamente mostrata, o nell’agio di abbandonarsi l’uno all’altra, ma è proprio sul piano fisico l’espressione del reciproco bisogno e appagamento e l’incarnazione del rapporto spirituale. E non sono certo la prima a lodare il modo in cui hanno reso integrante e naturale il loro modo di confermarsi il consenso reciproco. Sul set hanno anche utilizzato una “coordinatrice di intimità”, Ita O’Brien, che  nel suo lavoro si fa guidare da tre principi, “comunicazione aperta e trasparenza, accordo e consenso nel tatto e coreografia chiara” (Los Angeles Times) e lei stessa dichiara come “quelle scene descrivono la delicatezza, la bellezza, l'apertura” del rapporto. La stessa Rooney ha paragonato le scene di sesso a un’altra forma di dialogo. (The Guardian)

Due altri aspetti emergono in modo mirabile: l’evoluzione della loro storia e conoscenza, con il maturare anche in semplici termini di età, e le difficoltà comunicative che possono portare a rovinosi fraintendimenti anche fra persone che apparentemente tengono molto l’uno all’altra e che sono intelligenti e colte e hanno presumibilmente la capacità di esprimersi. Quello che per uno è auto evidente, per l’altro non lo è affatto.  

Il tono melanconico, quieto ed elegante della regia – di Lenny Abrahamson (Room) nella prima parte, di Hettie MacDonald nella seconda ha reso tutto alla perfezione, compresa la gestione fra i momenti privati e quelli pubblici, fra la loro storia d’amore e il loro vivere pubblico, e nei loro momenti separati.

Lirico. Sublime. Assolutamente impeccabile. In 12 episodi, per me è il programma migliore dell’anno.