lunedì 18 marzo 2013

CULT: ha le carte in regola per essere un cult

 
Nel nuovo show della CW intitolato Cult, Jeff Sefton (Matt Davies, The Vampire Diaries), un giornalista licenziato per aver fabbricato delle notizie con lo scopo di far finire in carcere alcuni poliziotti corrotti, indaga sulla scomparsa del fratello Nate (James Pizzinato) che poco prima di sparire si era rivolto a lui temendo il peggio e, nell’evenienza che qualcosa di brutto potesse accadergli, lo aveva messo sulla pista di un programma televisivo di cui lui e altri sono grandi fan.
Il programma televisivo all’interno dello show che raccoglie intorno a sé questo adorante pubblico si chiama anche quello “Cult” e parla del leader di un cult, ovvero di una setta, chiamato Billy Grimm, e interpretato dall’attor  Roger Reeves (l’assolutamente perfetto Robert Knepper, Prison Break) che risulta magnificamente viscido e manipolatore. Nello show-all’interno-dello-show, una giovane poliziotta, Kelly Collins, interpretata da Marti Gerritsen (Alona Tal), è una ex-appartenente alla setta che ne è uscita e ora cerca di risolvere i misteri collegati a Billy Grimm e di capire che fine abbia fatto la propria sorella.
Jeff decide di investigare insieme a Skye Yarrow (Jessica Lucas), una ragazza che si è fatta assumere dal programma per scoprire quanto è capitato al padre molti anni prima: ritengono che “Cult” sia più di un  programma televisivo cult, ma che in qualche modo le attività della setta rappresentate nella finzione trasbordino nella realtà. In Cult perciò vediamo sia “Cult” che le investigazioni su “Cult”, pure in onda sulla CW. Alle indagini partecipa anche una poliziotta, la detective Rosalind Sakelik (Aisha Hinds, inusuale scelta di casting) che però ha lei stessa sul polso il logo del programma e non è chiaro fino a che punto sia fan dello show.   
Questo telefilm ideato da Rockne S. O’Bannon (Farscape) trasuda riferimenti meta-testuali, con un esplicito commento non solo sul complesso fenomeno dei cult, ma anche sulle tecniche di televisione convergente e di coinvolgimento trans-mediale del pubblico, sia su larga scala che nei dettagli – l’ideatore di “Cult”, ad esempio,  si chiama Steven Rae, che il nome del produttore esecutivo, nonché sceneggiatore di Cult; il cafè dove si ritrovano alcuni dei fan di “Cult” si chiama “Fan Domain”; vengono pronunciate frasi come “nessuno sa si sicuro se nel programma ci siano dei messaggi o no”.
Con un forte “effetto Droste” di base, è ambizioso e affascinante,  ma sulla base delle puntate iniziali anche complicato e con un potere di trazione limitato. Il look è abbastanza oscuro e vagamente da B-movie, e la sceneggiatura è in equilibrio fra momenti da sbadiglio e chicche, magari non eccezionali, ma potenzialmente citabili, e non mancano i simboli, le frasi tormentone e gli oggetti carichi di significati ulteriori (gli occhiali con lenti una rossa e una blu, una specie di moneta d’oro, i DVD con sopra incisa una “M”, il disegno di una specie di ruota a tre braccia uncinate, il logo dello show …)
Questa serie ha insomma tutte le caratteristiche per diventare davvero un cult, quanto buono è ancora da vedere. Per ora la parte più affascinante di Cult è “Cult”. È eccessivo scrivere, come ha fatto Glenn Garvin per il Miami Herald, che guardare il programma è come “cercare di leggere un romanzo di Kafka in sanscrito. Da cieco. E ubriaco.”, perché è sicuramente molto più intellegibile di quanto non sia stato ad esempio il re-make de Il Prigioniero, ma decisamente si va verso un “trip mentale”. Ed è il tipo di storia in cui davvero è necessario avere una fede incrollabile negli autori e nel fatto che abbiano chiaro un piano.  In più di un’occasione si pensa a “Lost”, guardando le puntate, e alle tecniche con cui ha ingaggiato gli spettatori,  e si riflette molto sulle modalità con cui la passione per un programma può trasformarsi in ossessione per i “veri credenti”. A coglierlo, deliziosamente contorto. Che la rete dopo la prima puntata ne abbia cambiato il giorno di messa in onda non è un buon segno.

3 commenti:

  1. Per adesso lo sto guardando più che altro per il protagonista (il vecchio e caro Alaric; compagno di bevute di Damon) e per lo strano rapporto amore-odio tra Kelly e Bill.
    La serie mi piace e la segue, peccato che forse la vogliono cancellare, anche perché negli USA viene trasmessa dopo Hart Of Dixie nella The CW, un suicidio per questa povera serie :(

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  2. mah, insomma.
    per me è un serie candidata al titolo di scult :)

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  3. Io a distanza non ho voglia di continuare a vederla, il che non è un buon segno. Peccato, l'idea mi piaceva molto.

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