domenica 21 giugno 2015

GAME OF THRONES (5.10): intenso ed elettrizzante


So di essere in minoranza, ma mi è molto piaciuta la quinta stagione di Game of Thrones, che ho trovato rivitalizzata, a momenti tragedia greca, a momenti storia romana, biblica e shakespeariana. E la season finale, “Mother’s Mercy – Madre misericordiosa” (5.10), scritta da David Benioff e D.B. Weiss, mi ha elettrizzata come non succedeva ormai dalla prima stagione: è stata intensa e così ricca di colpi di scena che si rincorrevano, grandi e piccoli, che non c’era nemmeno il tempo di prendere fiato. C’è stato quasi un sovraccarico adrenalinico, ma decisamente appagante. Le polemiche in proposito si sono sprecate, e alcune critiche hanno anche fondamenti ragionevoli, ma non le condivido.

Attenzione SPOILER sulla chiusura della quinta stagione.

Alcuni avvenimenti che hanno pompato sangue nella puntata – Arya che diventa cieca; Theon/Reek e Sansa che saltano dalle mura di Winterfell; Daenerys che non riesce a tornare a casa perché il suo drago è ferito e finisce circondata dai Dothraki – sono veri e propri cliffhanger nel senso che la risoluzione della situazione è ormai posticipata alla prossima stagione. Ci sono stati momenti toccanti (l’incontro padre-figlia fra Jamie e Myrcella, Sam e John Snow che si salutano, Melisandre che riporta a Davos che Shireen è morta) e di fugace soddisfazione (Tyrion e Varys che si ritrovano – la forza della ragione in un mondo fanatico).

E poi naturalmente ci sono state le morti: quella a flash del cadavere di Selyse che penzola impiccata per suicidio; quella inaspettata, quasi istantanea, shoccante e ingiusta di Myrcella che muore avvelenata fra le braccia del padre; quella attesa e da lui a questo punto quasi desiderata di Stannis , che ha ucciso la figlia come sacrificio per la vittoria in battaglia (con evidenti echi di Agamennone e Ifigenia), e su cui Brienne ha fatto cadere la spada (o almeno così presumiamo – l’evento in sé non si è visto, e questo lascia margine di ipotesi alternative); e naturalmente quella più sconvolgente di tutte, quella di John Snow, pugnalato dai confratelli Guardiani della Notte, molto “Giulio Cesare” (Tu quoque, Olly?), avvenuta in chiusura, che ci lascia con questo gran protagonista steso sulla neve mentre gli cola fuori il sangue.  

Quest’ultima morte specifica si è trascinata dietro una bufera di reazioni. E se comprendo che l’affetto per uno specifico personaggio – per quanto per me lagnoso come lui, che ad esclusione dei momenti delle sue relazioni personali è più interessante da morto che da vivo – trovo incomprensibile la rabbia e l’indignazione per questa morte. Valar Morghulis è un motto della serie – tutti gli uomini devono morire. Se c’è una e una sola regola che è chiara almeno dal momento della decapitazione di Ned Stark nella prima stagione è che nessun personaggio è al sicuro, tutti sono sacrificabili e chiunque potrebbe essere il prossimo a lasciarci le penne. Per quello sdegnarsi tanto della morte di qualunque personaggio significa solo non aver capito l’ethos della serie, e mi chiedo per che cosa uno la segua proprio a fare, se è così. Personalmente mi sorprenderebbero solo le morti di Arya, Daenerys e Tyrion, ma nemmeno loro sono al sicuro. Anzi, mi aspetto che muoiano anche loro, prima o poi. Io immagino la chiusura di tutta la storia con l’ipotetica morte di uno degli ultimi due, ad esempio.   

C’è chi ipotizza, nonostante l’attore abbia dichiarato nelle interviste che non è previsto un suo ritorno, che in realtà John Snow non sia definitivamente morto: Melisandre potrebbe averlo resuscitato, potrebbe diventare un Estraneo, il suo spirito potrebbe essersi trasferito in un metalupo… In quel caso, staremo a vedere. Ma nel frattempo, in tono molto brusco e poco compassionevole, mi verrebbe da dire “piantatela di frignare, e godetevi la storia”. E il “frignare” non lo intendo riferito al piangere il personaggio, il lutto per il quale può ben essere sentito e anzi è un buon segno per i narratori, ma nel senso di smetterla di considerarlo un tradimento da parte degli autori che stanno invece proprio per questo facendo un buon lavoro.

Il secondo altro momento del contendere della finale di stagione, oltre alla dipartita di John Snow, è stata la “walk of shame” – la-camminata-della-vergogna di Cersei Lannister, finalmente liberata dal carcere, ma costretta a percorrere la strada fino al castello nuda, in mezzo alla folla che la ingiuria e la denigra, seguita da una donna che ad ogni istante ripete “vergogna”, mentre ferita ai piedi, sempre più laceri, affamata e disidratata, ricoperta di sterco e sputi trattiene a stento le lacrime di dolore e umiliazione. La scena, basata da Martin sulle vicende storiche di Jane Shore, una delle amanti di Edoardo IV che ha dovuto fare una simile camminata per Londra (sebbene vestita), ha radici storiche profonde - nella Francia del XIII° secolo, ad esempio, le adultere venivano portate nude per le strade per la pubblica umiliazione – e questa punizione richiama numerosi racconti di letteratura medievale di pubblica prostrazione (con flebili echi di Lancillotto e Ginevra in questo caso, nota qualcuno). L’ho trovato un momento eccellente, lungo, doloroso e mortificante, ben recitato da Lena Headey che ha mantenuto una dignitosa compostezza e regale eleganza, pur nella fragilità e tragicità del momento, mostrando i tentativi di piegarla e la forza di superarli e la speranza per un riscatto futuro. È stato un momento “cristico” di una via crucis che mi ha genuinamente provocato il pianto. La regia di David Nutter ha sempre avuto il polso della situazione, ed è stato così per tutta la puntata.

Molti vedono in questa scena un atteggiamento misogino. Non io. La serie mostra parecchia misoginia, ma non mi sento di accusare la serie di macchiarsene. Anzi. Spesso e volentieri considero femminista la creazione di George R.R. Martin, anche così come interpretata per la televisione. C’è molta violenza e tanta è a scapito delle donne, ma altrettanta è a scapito degli uomini. Game of Thrones mostra un mondo di stampo medievale. È un mondo brutale. La finzione fa il mimo della realtà.

E se alla fine di tutto siete stufi di tragedie e di pianti, fatevi due risate con l’esilarante musical dei Coldplay basato sulla serie (su FB trovate anche la versione sottotitolata in italiano: qui).

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