mercoledì 15 dicembre 2021

AND JUST LIKE THAT: il sequel di "Sex and the city"

Ho proprio pianto alla fine della prima puntata di And just like that… (che tradurrei “E in un attimo…”), sequel della iconica Sex & The City. L’ho seguita tutta in passato, e apprezzata su più livelli, ma non possono dirmi una grande fan della serie: è sempre stata troppo lontana dalla mia esperienza di vita e dalla mia realtà per parlarmi sul serio. E se qualcuno mi chiedesse se sono una Carrie, una Charlotte, una Miranda o una Samantha, risponderei nessuna di loro. Ho sempre un po’ aderito alla teoria che le protagoniste fossero gli equivalenti di fantasia di uomini gay metropolitani, una serie di uomini gay mascherata da serie di donne – chi fosse curioso di questa lettura, proposta da Mandy Merk, può leggere il suo saggio “Sexuality in the city” all’interno della raccolta di saggi Reading Sex and the City, a cura di Kim Akass e Janet McCabe. Se non è mai stata così significativa per me come ho sentito esserlo per altre donne, percepisco comunque il legame della familiarità ed ero curiosa di vedere il prosieguo, sans Samantha (Kim Cattrall), che viene nominata sia nel pilot, sia in seguito: si è trasferita a Londra e ha tagliato i contatti con tutte. Dopotutto, la serie ha fatto scuola ed è stata una pietra miliare della cultura televisiva e non solo.

Ho pianto alla fine della puntata e non rivelerò perché per non fare spoiler, anche se a tre quarti della puntata era già evidente dove sarebbe andata a parare. Le amiche sono ora cinquantenni, sono accoppiate con chi le ricordavamo accoppiate e hanno i figli grandi. Carrie, felicemente sposata con Mr. Big (Chris Noth), partecipa a un podcast che tratta argomenti sessuali condotto da Che Diaz (Sara Ramirez, Grey’s Anatomy), una comica non binaria. Miranda (Cynthia Nixon) è tornata a scuola per studiare diritti umani, un corso tenuto dalla professoressa Nya Wallace (Karen Pittman), ed è ancora sposata con Steve (David Eigenberg), che per l’età sta diventando sordo. Hanno un figlio adolescente, Brady (Niall Cunningham, Life in pieces), a cui permettono di far andare in camera la fidanzata, anche se la cosa sembra sfuggire loro un po’ di mano. Charlotte e Harry (Evan Handler) hanno due figlie adolescenti, Lily (Cathy Ang) e Rose (Alexa Swinton). Nel pilot Lily deve tenere un importante saggio di pianoforte, in cui è una sorta di prodigio, e Carrie, che si tiene ad essere una buona amica mostrando il suo supporto, accetta a posticipare la sua partenza per il week-end con il marito per essere presente. Presenziano anche Stanford (Willie Garson, che ha girato le scene poco prima della sua recente scomparsa) e Anthony (Mario Cantone), sempre cari amici delle non-più-giovani-donne.

L’immediata nota distintiva è proprio quest’ultima: giovani donne non sono più giovani. Sono donne mature sui cinquanta e sono consapevoli, in modo diverso, di esserlo. Bene: si parla troppo poco di questo. E non lo dico solo da persona che ricade nella loro stessa fascia d’età. È essenziale moltiplicare le prospettive e una diversità di età è davvero una prospettiva significativa, per quanto trascurata. Men of a Certain Age ci aveva provato con gli uomini ed era stata cancellata troppo presto. Dovrebbe esserci in generale molto di più. E se una serie come Hacks mette in contatto due generazioni diverse attraverso due donne diverse, qui sono le stesse donne in momenti della vita altri. Assistere a come la vita le ha cambiate è potenzialmente rivoluzionario – chi mai lo ha fatto fuori dalle soap e la serie di film documentaristici Up? È una rarità. Il fulcro non è più il sesso e le conversazioni su di esso. E si è aumentato il quoziente di diversità, aspetto sui cui la serie di partenza era sempre stata criticata, anche con un’amica nera di Charlotte, Lisa (Nicole Ari Parker). 

Questa creazione di Darren Star ha fatto una mossa audace, con il twist narrativo che mi ha fatto piangere, ma forse anche di più per una scelta che non mi aspettavo: ha deciso di rendere le proprie eroine out-of-touch, un po’ – oso dirlo? - attempate. Non vecchie, ma nemmeno in contatto con lo Zeitgeist. Se prima erano cool e sulla cresta dell’onda, rampanti, ora hanno perso consapevolezza di quello che è innovativo e all’avanguardia, faticano a stare al passo coi tempi. Solo in campo di moda d'abbigliamento sembrano essere rimaste aggiornate: sempre elegantissime. A Carrie nel podcast viene chiesto se si è mai masturbata in pubblico. È in imbarazzo a rispondere e zigzaga per evitare di farlo sul serio. Lei è abituata alla carta stampata. Essere così verbalmente esplicita la mette a disagio: lei che ha sempre trattato questi temi? Non è sembrato troppo plausibile, a dire il vero. E davvero vogliono farci credere che non sapeva se Mr Big si masturbava? Andiamo, la sospensione dell’incredulità ha i suoi limiti. Miranda fa una figuraccia la prima volta a lezione, con insegnanti e compagni, inanellando una serie di commenti infelici - razzismo, binarietà e privilegio bianco incapsulati in poche frasi che solevano gli sguardi inorriditi dei compagni. Charlotte insiste con la figlia Rose perché indossi un abito tutto fiori che lei non è evidentemente a suo agio nell’indossare. Rispetto ai dibattiti odierni, sono rimaste indietro. E quello sì è un confronto che è importante fare. Applaudo il coraggio di And Just Like That di intraprenderla. Forse sapranno proprio essere rilevanti nella conversazione extradiegetica perché hanno il coraggio di essere uncool in quella diegetica. Hanno ancora molto da imparare, e forse noi con loro.

Poi in definitiva, uno degli aspetti più pregnanti di quella che a questo punto diventata a tutti gli effetti un dramedy (anche nella durata degli episodi) era l’amicizia fra queste “donne archetipo”. E quella sembra rimasta. Non pare che sia un programma travolgente che non si deve assolutamente perdere, non è grande televisione, ma dalle prime due puntate assaggiate fa credere di avere ancora qualcosa da dire.   

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