martedì 28 giugno 2022

LIFE & BETH: disomogeneo

In Life & Beth (Hulu, Disney+), conosciamo la protagonista del titolo (Amy Schumer, qui anche autrice) in un momento in cui si sente sconfitta dalla vita: ha un lavoro in cui è veramente brava, vendere vino, ma che non le piace, ed è genericamente infelice, e mai se ne rende conto come quando il suo fidanzato Matt (Kevin Kane) decide di chiederle di sposarlo proprio il giorno del funerale di sua madre (Laura Benanti, Younger), un vero momento di svolta per lei. Comincia una relazione con un agricoltore, John (Michael Cera) che sebbene non venga esplicitato in questi termini si comporta come se fosse nello spettro dell’autismo – e la Schumer dice che il personaggio è basato sul suo effettivo marito che lo è. 

In questa commedia agrodolce Amy Schumer (Inside Amy Schumer, su cui ho scritto un saggio che trovate qui, e al cinema Trainwreck) riesce a mostrarsi molto vulnerabile e introspettiva intersecando il presente e il ricordo di lei adolescente (e in quel caso a interpretarla è Violet Young, che riesce a fare un eccellente lavoro). Vedeva la madre passare da un uomo all’altro, e sfogava la sua infelicità con una tricotillomania, e aveva un padre (Michael Rappaport) che cercava di accontentare le figlie con quello che desideravano, ma aveva progressivamente meno soldi, e nel presente è apparentemente un senzatetto con problemi di memoria a breve termine. La sua infelicità di donna che agli altri non riesce mai a piacere viene anche ancorata da un rapporto con la madre che amava, ma che in modo passivo aggressivo e tangenziale le faceva sempre notare le proprie mancanze. La serie si chiude e apre con un funerale, e con un commento metatestuale di dichiarazione di intenti che riesce a non essere fuori posto solo per il modo umoristico in cui presentato. Che ci sia una grande autoconsapevolezza di fondo è innegabile, proprio anche per mettere il dito nelle proprie piaghe.

Nel sottofinale (1.09), una delle puntate più riuscite, Beth va a fare una risonanza magnetica. C’è un perfetto equilibrio fra situazioni esilaranti, in cui l’umorismo nasce dal comportamento del medico che è in ansia perché, come candidamente ammette, è la prima volta amministra questo test strumentale da solo e ha fatto in passato molti errori, e lei fa delle facce da “oh-mio-Dio-dove-sono-capitata”, e momenti che spezzano il cuore, in cui lei, dovendo rimanere immobile per questa tecnica diagnostica, ripensa proprio alla sua adolescenza. Ci sono al contrario altre situazioni sulla cui credibilità si rimane un po’ perplessi: che la protagonista prenda dei funghi allucinogeni per rilassarsi per superare la paura di fare una gita in barca (1.06) ci sta anche, in considerazione che ci viene raccontato che in una occasione simile ha avuto un grosso incidente che le ha lasciato sulla gamba numerosi punti: che accetti di andarci con qualcuno che pure è completamente fatto mentre la manovra mi sembra molto meno sensato. Che si ripresenti alla vecchia allenatrice di pallavolo del liceo per sostituirla, desiderosa di cambiare vita, è un’idea di base mal sviluppata e in qualche  modo imbarazzante.  

Ci sono momenti davvero autentici, leggeri e profondi allo stesso tempo, di vita reale. C’è stata un’occasione in cui, ripensando al contenuto di una conversazione, mi sono domandata con chi l’avessi fatta e solo poi mi sono resa conto che era avvenuta nell’ultima puntata fra Beth e un’amica che non vedeva da tempo: è stato solo un attimo, ma dimostra la forza di dialoghi che non sembrano costruiti, ma che si percepiscono come vissuti. E sono questi istanti così vibranti, apparentemente meno pianificati, in cui la serie dà il meglio di sé.  

In un progetto che facilmente può essere visto come un film espanso – di solito non un gran complimento per una serie – ma che funziona bene anche nella sua episodicità, al grande realismo si accostano parentesi surreali, ma le varie note non riescono a fondersi in modo armonico. Tutto è piuttosto disomogeneo. Non è un modo in cui trascinerei con entusiasmo qualcuno, ma sicuramente lo ri-visiterei.  

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