domenica 27 aprile 2014

THE FOSTERS: una tradizionale famiglia moderna


 
Non è il sangue, ma è l’amore a fare una famiglia; e ancora, non è da dove vieni, è il luogo a cui appartieni che è casa. Questa è l’idea di fondo su cui è costruita la serie familiar-adolescenziale The Fosters che gioca nel titolo con un piccolo doppio senso: Foster è il cognome della coppia, ma foster parent è in inglese un genitore affidatario. Il programma incarna la tagline “un nuovo tipo di famiglia”  che è la mission della rete ABC Family che la manda in onda.
Ideata da Bradley Bregeweg e da Peter Paige (noto come attore soprattutto per il ruolo di Emmett Honeycutt nell’americano  Queer As Folk), ha come protagonisti principali una coppia lesbica interrazziale e i loro figli. Stephanie “Stef” Foster (Teri Polo) è un’agente di polizia divorziata da Mike (Danny Nucci), padre di suo figlio Brandon (David Lambert) e ancora suo collega. La sua compagna (poi moglie) Lena Foster (Sherri Saum) è la vice-preside di una scuola. Sono entrambe i genitori di Jesus (Jake T Austin) e Mariana (Cierra Ramirez), che hanno adottato quando erano piccoli, e diventano all’inizio della stagione le genitrici affidatarie di Callie (Maia Mitchell) e Jude (Hayden Byerly).
La serie narra vicende quotidiane (i compiti, le relazioni personali, la scuola e il lavoro), sebbene affronti anche questioni piuttosto intense – la richiesta della pillola del giorno dopo da parte della ragazza di Jesus, Lexi (Bianca A. Santos); la scoperta che Lexi è un’immigrata illegale; Mariana che incontra di nascosto la madre biologica che le spilla denaro; Callie che deve decidere se dire la verità sul fatto che il ragazzo della famiglia dove era stata affidata in precedenza, Liam (Brandon W.Jones), l’ha stuprata rischiando che non venga punito visto il passato di lei, o mentire dicendo che era consensuale, perché in quel caso essendo lei minorenne potrebbero invece riuscirci; sempre Callie che deve decidere se farsi adottare da Stef e Lena o rinunciare perché attratta da Brandon, compromettendo la possibilità di una famiglia stabile per il fratellino Jude; Jude che mette in crisi gli stereotipi di genere amando mettersi lo smalto; l’alcolismo di Mike…
Ci si tiene in equilibrio fra una descrizione realistica, e prosaica, e una soluzione favolistica dei conflitti. Tutto è raccontato in modo molto diretto, senza fronzoli, in modo anche formulaico. E se, come composizione, questa famiglia non è quella che si considera tradizionale, come narrazione e come ritratto della famiglia lo è anche troppo. Si guarda un po’ la prospettiva di tutti i personaggi e la recitazione è solida, certamente da parte della parte adulta del cast. Non è televisione travolgente, ma rassicurante e confortante.
Sotto, la bella sigla.

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