giovedì 16 agosto 2018

ALTERED CARBON: deludente



Delude Altered Carbon (Netflix), ideata da Laeta Kalogridis e tratta dall’omonimo libro di Richard K. Morgan. La parte fantascientifica del futuro immaginato è inventiva e intrigante, e di fatto la vera ragione per eventualmente immergersi in questa fantasia, la parte investigativa è trita e per quanto costruita in modo non casuale, sufficientemente banale, con dialoghi da telefilm formulaico.

Siamo nel 2324, non è chiaro su quale pianeta. La morte come la conosciamo è stata sconfitta. I corpi sono ora mere custodie, mentre l’anima, la coscienza e l’identità di una persona sono conservate in una pila corticale posizionata sul retro del collo che, distrutto il corpo fisico, possono essere trasferite in un’altra custodia, a meno di non essere distrutte essere stesse. Solo in quel caso ci sarà la vera morte, che secondo un gruppo di religiosi è quello da cui non dobbiamo fuggire. Solo gli straricchi possono permettersi un back-up su cloud per cui, se perfino anche la pila viene distrutta, riescono comunque a salvarsi. Uno di questi potenti quasi-immortali, Laurens Bancroft (James Purefoy), è stato ucciso e quando la sua identità è stata recuperata da cloud, non riesce a capire chi possa averlo ucciso, dal momento che dal salvataggio della memoria mancavano gli ultimi due giorni. Re-incarna perciò in un nuovo corpo uno “Spedi”, Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman), un soldato appositamente addestrato, nella custodia che in precedenza era stata di Elias Ryker, un poliziotto, per scoprire la verità di quanto è accaduto. Takeshi era stato messo in stasi carceraria negli ultimi 250 anni per aver combattuto contro il Protettorato e ora si ritrova a collaborare (o a scontrarsi) con la polizia di Bay City,e in particolare con la Kristin Hortega (Martha Higareda), che era stata l’amante di Ryker.

Il futuro distopico immaginato è davvero affascinante, anche perché pensato nel dettaglio. Non solo le persone si trasferiscono da un corpo all’altro, un clone o anche un corpo sintetico, ma possono essere infilate in un corpo di sesso o età diversa magari, per le ragioni più varie. Esistono esseri totalmente virtuali, come in questo caso Poe (Chris Conner), dell’albergo “Il Corvo”. Un po’ Blade Runner, un po’ Westworld, la società immaginata permette di riflettere su diversi temi (identità, corruzione, potere, costrutti mentali, famiglia, amore, lealtà…), ma primo fra tutti evidentemente su quello della morte e sul suo valore. Qui la vita eterna è solo per pochi ricchi e questo dà enorme potere su chi non può permettersela.

La sostanza però manca di spessore, si è troppo adolescenzial-sbruffoncelli e spacconi. I proiettili volano come coriandoli. C’è ampia violenza “caramella”, con molti combattimenti-coreografia e parecchia tortura, e la perenne promessa di sesso estremo che soddisfi ogni fantasia a cui di fatto si ammicca solamente. Non di affronta facilmente – molto ragionevolmente – il tema dello snuff sex, e qui è stato fatto, cosa in sé anche sensata, viste le premesse, e coraggiosa. Peccato che tutto rimanga molto epidermico.

Il presunto omicidio da risolvere (che giunge a una adeguata conclusione) poteva essere in fondo un pretesto per altro. Si è cercato, infatti di liberarsi da quella gabbia, ma senza successo e si è rimasti un crime ordinario con un rivestimento e una patina noir sci-fi e cyberpunk, nulla di  più.      

Nessun commento:

Posta un commento