venerdì 28 settembre 2012

GREY'S ANATOMY: l'ottava stagione

 
È terminata con il botto l’ottava stagione di Grey’s Anatomy. La tradizionale puntata di megadisastro a cui questo telefilm ci ha abituato è stata riservata per la fine, in quest’occasione. La serie diventa ogni giorno più soapy, ovvero introduce elementi inverosimili alla maniera delle soap: uno per tutti, il compagno della Bailey (Chandra Wilson), Ben (Jason George), che le fa trovare un tavolo imbandito di tutto punto per una cena romantica in ospedale visto che lei ha operato fino all’ultimo e ogni prenotazione al ristorante è andata a farsi benedire – tanto deliziosamente romantico quanto completamente poco credibile. Ma se Grey ci piace è anche per questo. Anche quando vedi che non è chissà quale grande televisione, sei affezionato ai personaggi e non ti importa. 
Questa stagione è partita un po’ in sordina, con il licenziamento subito rettificato di Meredith (Ellen Pompeo) a seguito del suo aver compromesso la ricerca sull’Alzheimer di Derek (Patrick Dempsey): che le abbiano di fatto impedito di subire le conseguenze di una decisione tanto grave, sia eticamente che professionalmente, mi ha lasciato l’amaro in bocca. E le ripercussioni sull’adozione della coppia della piccola Zola, che soffre di spina bifida, sono forse la sola cosa degna di nota collegata. La tensione narrativa però è stata fiacca. Più interessanti le conseguenze per Richard (James Pickens, jr) -  che ha dovuto cedere il posto di capo del personale a Owen – per il quale la storia con la moglie Adele (Loretta Devine) è stata portata alle sue naturali conclusioni, con lei affidata a una casa di cura.
La storia davvero potente dell’ottavo arco, quella che ha funzionato sotto ogni punto di vista, è stata quella dell’aborto di Christina (Sandra Oh) e delle conseguenze che ha avuto nel suo rapporto con Owen (Kevin McKidd). Qui la serie è stata soap nel senso migliore del termine: ha esaminato con onestà emozionale le posizioni di entrambi e solo con il necessario pizzico di melodrammaticità ha ritratto la coppia con integrità, mettendone a nudo vulnerabilità e forze. Gli attori sono stati superbi in ogni passaggio. Bisogna poi applaudire anche solo la presenza di un personaggio femminile che non vuole figli, per il semplice fatto che non desidera averne. Sono così rari che sembra talvolta che non esistano. In questo senso Christina davvero è un originale e rende visibili molte donne là fuori che sullo schermo sono decisamente sottorappresentate.
La storia di Teddy (Kim Raven, ora entrata nel cast di Revolution) che, inaspettatamente, perde (8.09) il marito Henry (Scott Foley) è stata fatta con garbo, ma ha avuto più forza per il tipo di dinamiche create con Owen e Christina che alto. Dopo la storia di Izzy (Katherine Heigl), sulla cui falsariga era concepita,  in questo senso non ce n’è per nessuno. Arizona (Jessica Capshaw) e Callie (Sara Ramirez) sono state in secondo piano, quest’anno, e Lexie (Chyler Leigh) e Mark (Eric Dane) ormai hanno dato quello che potevano. A concepire i personaggi come segnaposto, i loro ruoli sono ora coperti da April Kepner (Sarah Drew) e Jackson Avery (Jesse Williams). La prima inizia la stagione con la difficoltà a imporre la sua autorità come chief resident e termina con una fortissima crisi personale: sembra inadeguatamente un po’ troppo il bersaglio dello scherno generale, e il tentativo di demolire la sua gioiosità con le difficoltà della vita non l’ho troppo gradito come tipo di retorica sottesa, né come risultato sul personaggio. Jackson dal canto suo, oltre a rendere onore al suo mentore professionalmente, tiene alto senza sforzo il quoziente di quello che l’ideatrice chiama man-whoreness  (“puttanità maschile”), ma che io mi accontento di definire “gnocchitudine”. La comparsa della madre di lui, sempre troppo presente nella sua vita, introdotta con una puntata sul trapianto del pene, è stata una mossa vincente. Karev (Justin Chambers) che si è avvicinato alla interna Morgan (Amanda Fuller), e al suo bebè nato prematuro, ha mostrato una volta in più che questo personaggio è sempre un po’ sotto-sfruttato. 
Questo era il quinto anno per la gran parte dei residenti e questo ha portato decisioni da prendere per la rispettiva specializzazione, esami finali e cose così: uno sguardo interessante a come funziona il sistema americano. Puntata “speciale” della stagione è stata quella di realtà alternativa  “If/Then” / “E se…” (8.13). Gradevole, ma non di più, anche perché arrivava esplicitamente a due conclusioni opposte, da un lato che siamo noi gli artefici del nostro destino, dall’altro che se è destino che accada qualcosa, non importa quel che facciamo, accadrà.    

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