martedì 18 gennaio 2011

SIX FEET UNDER: l'occhio interiore (3.03)



Chi siamo realmente? Chi sentiamo di essere? Qual è la nostra voce interiore? Chi fingiamo di essere? Chi cerchiamo di essere? Chi cerchiamo di accontentare? Sono questi interrogativi il tema forte e il senso della puntata “L’occhio interiore” (3.03) di Six Feet Under, scritta da Kate Robin e diretta da Michael Engler, in onda su FX (canale 131) martedì 18 (ore 19.05) e andata in onda originariamente negli USA nel 2003. In fondo sono quesiti che esamina di costante l’intera serie: la morte, la sua vicinanza, l’esservi costantemente dinanzi dovrebbe dare una prospettiva più lucida di fronte a queste domande. Vengono affrontate in questo caso attraverso più storie.

La vittima, la defunta della puntata, Callie Renee Mortimer, è una giovane donna. Gli amici hanno finto di seguirla fischiandole dietro pronti ad aggredirla. Per scherzo. Lei non lo ha capito. Ho temuto di essere sul punto di esserlo sul serio. È finita in mezzo alla strada ed è stata investita. All’elogio funebre uno degli amici dice che fingevano, they were “pretending”, facevano finta. Ebbene, fare finta è la morte, porta alla morte.
Questo concetto poi lo esprime Olivier (Peter Macdissi), l’insegnante di arte di Claire (Lauren Ambrose). Invita gli studenti ad essere autentici, a portare se stessi nell’opera, a non cercare di far piacere a nessuno. Di essere perfino sfrontati in questo. Gli altri cercano solo di fotterti (parole sue). Tutta la lezione può essere intesa come un commento metatestuale alla puntata e alla scrittura.
Nate (Peter Krause) cerca di accontentare Lisa (Lili Taylor) e preservare l’immagine di un matrimonio felice, ma in realtà è infelice, disperato perché falso. Riesce a essere vero come persona dove è naturale, non forzato, dove abbraccia persone che soffrono e le consola senza parole: le familiari della defunta, sua moglie Lisa. Entrambe affrante per una perdita, entrambe consolate da una addolorato abbraccio che vive di un dolore altro, pieno in estensione, ma vuoto.
David (Micahel C. Hall) e Keith (Matthew St. Patrick) sono felici, sono pieni di vita e di energia quando cantano, urlano, strepitano, sono uomini uno sull’altro, sono se stessi.

Essere chi siamo è vita, energia, arte, creazione. Il falso, la maschera, sono insoddisfacenti croste che non interessano a nessuno. Dobbiamo avere il coraggio di mostrare chi siamo. Questo dice la puntata. E i personaggi riscoprono se stessi: David, timoroso di mostrarsi come parte di una coppia gay in pubblico, finisce per cantare a squarciagola in camera da letto, con Keith; Claire rifiuta una relazione aperta con il musicista con cui andava a letto; Ruth (Frances Conroy) rubacchia nei supermercati; Nate, insoddisfatto, presta la spalla alla moglie che decide di lasciare il lavoro.

L’episodio, in inglese intitolato “The Eye Inside”, ma noto anche come “Another Voice” (Un’altra Voce), ha alcuni dettagli domestici inusuali per un drama: David e Keith che trovano una coda in macchina e hanno un microscopico screzio di fine giornata; Ruth e Bettina (Kathy Bates) che si confidano l’un l’altra ad inizio puntata; Claire che non vuole far mangiare al suo ragazzo una waffle perché dice che è vecchia. Si tratta di microdettagli molto reali, di una quotidianità quasi banale, molto crudi. E quasi tangenziali rispetto alla narrazione. Nate che si masturba in macchina prima di rientrare a casa, Federico (Freddy Rodriguez) che dice a Nate che il primo anno di matrimonio è il più duro… Sono scene “minori”, ma sono quelle che “lavorano ai fianchi” e sottilmente ammaccano l’armatura della puntata, rendendola vissuta, usata.

Federico ammira Nate per essere riuscito a consolare una cliente: lui al contrarioè  bravo con i cadaveri, ma non sa come comportarsi con i vivi. Attraverso il suo personaggio si tratteggia anche un altro tema tipico della serie: il lavoro – la vita, come si inter-relazionano, condizionano, spiegano l’un l’altro.


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