giovedì 20 dicembre 2012

EMILY OWENS, M.D.: 13 puntate anche troppe

 
Emily Owens, MD non tornerà dopo le 13 puntate previste. Meglio così. Questa serie ideata da Jennie Snyder Urman, una sorta di Ally McBeal incontra Grey’s Anatomy, aveva anche qualche pagliuzza dorata qui e lì, ma il più delle volte era di un’ingenuità imbarazzante. A momenti ti dici che in fondo potresti anche seguirla, il momento dopo c’è una scena che ti fa cadere le braccia. Quello che l’ha tenuta a galla è stata ala recitazione di Mamie Gunner (Off the Map), la Emily del titolo, che un po’ tutti si ritrovano a dire che nonostante la pesante eredità della genitrice (è la figlia di Meryl Streep) è una brava attrice di suo: suppongo sia lo scotto da pagare quando si è imparentati con una simile leggenda.
La serie segue le vicende di questa neodottoressa che arriva come interna per il suo primo anno al Denver Memorial Hospital, ed è la classica eroina televisiva molto brava nel suo lavoro, ma pessima quando si tratta delle propria vita personale, e la premessa è che in fondo gli ospedali, e la vita, sono un po’ come il liceo: ci sono i ragazzi popolari, gli sportivi, i clown, gli sfigati… ed Emily appartiene a quest’ultima categoria. Deve lavorare accanto al fascinoso Will Collins (Justin Hartley), per cui ha una cotta, che lui non corrisponde; fra le corsie re-incontra la sua nemica delle scuole superiori, Cassandra Koperlson (Aja Naomi King), che subito la punzecchia e con la quale ancora c’è cattivo sangue; fa però presto amicizia con Tyra Dupre (Kelly McCreaty) che è figlia del capo dell’ospedale, è lesbica, ma non vuole farlo sapere al padre; a tenerla in riga c’è l’esigentissima dottoressa Bandari (Nectar Zadegan); può però contare sull’ala protettrice del responsabile degli interni, il dottor Micah Barnes (Michael Rady), che ha la madre molto malata.
L’idea che in fondo, non importa quanto diventiamo adulti, non ci sentiamo mai veramente del tutto tali, è anche abbastanza originale e con un fondo di verità, peccato che poi si scivoli in situazioni risibili, tipo la protagonista che segue i consigli sentimentali di una dodicenne sua paziente appena conosciuta. Tredici puntate sono anche troppe.  

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