Basato sul libro di Benjamin
Woolley “L'assassino del re” – “The king's assassin: The Secret Plot to Murder
King James I”, Mary and George (Sky Atlantic – qui il promo in
italiano), ambientato nel XVII° secolo, narra di una donna di umili
natali, passato che tiene ben celato, Mary Villiers (una viscerale, sempre acutissima
Julianne Moore, qui anche produttrice esecutiva), che diventa Contessa di Buckingham,
che istruisce il proprio secondo figlio, l’avvenente George (Nicholas
Galitzine), perché diventi l’amante e il nuovo favorito di re Giacomo I (Tony
Curran) come via privilegiata per aver accesso al potere.
Lui inizialmente non vuole
saperne di essere spedito in Francia per essere educato alla maniera delle
corti, tanto più che è innamorato di Jenny, una serva di casa, ma la scaltra,
ambiziosa madre, che non può avere in prima persona quello che il figlio riesce
ad ottenere anche grazie alla propria prestanza fisica, è risoluta. Morto il
marito, caduto dalle scale mentre la picchiava (e lei non si è certo
precipitata a chiamare aiuto), sposa il ricco Sir Thomas Compton (Sean Gilder)
e indirizza al meglio il secondogenito, consapevole che il primo, John (Tom
Victor), ha problemi mentali che lo rendono anche violento, per quanto lei si
adoperi per sposarlo alla riottosa figlia di Sir Edward Coke (Adrian Rawlins),
nonostante la volontà contraria della madre di lei, Lady Hatton (Nicola Walker).
Mary, ora rabbiosa, ora deferente, ora maliziosa, è astuta e l’unica su cui può
fare affidamento è una prostituta Sandie Brookes (Niamh Algar) a cui si lega
sentimentalmente. Ha però il sostegno della moglie del re, la Regina Anna (Trine
Dyrholm), che mal sopporta i numerosi amanti del consorte, così come del resto
fatica a digerirli il figlio, il principe Carlo (Samuel Blenkin), che si sente
trascurato. George perciò, gli piaccia o meno, viene inviato ad apprendere francese,
scherma, ballo e riceve anche un’ampia e versatile educazione sessuale, e tornato
in suolo inglese deve imparare da una lato a navigare la corte, e in
particolare l’attuale favorito del re, Robert Carr (Laurie Davidson), Duca di
Somerset, che lo vede adeguatamente come una minaccia, dall’altro gli umori del
sovrano. Progressivamente infastidito dalle ingerenze della madre, viene
accostato da Sir Francis Bacon (Mark O’Halloran) che vuole approfittarne per
farne una propria pedina. Del resto lui sta imparando, e in fretta, ma non è
smaliziato quanto i due veterani.
Nel salace dramma storico britannico
in sette puntate ideato da D.C. Moore (Killing Eve) non si è certo
timidi. In modo più facilmente evidente è perché è pieno di nudità, orge,
appetiti lascivi. “I corpi sono solo corpi” viene ricordato a George, con una
frase che rivela l’etica che muove la serie tutta, ovvero esplorare e indagare
il corpo come strumento di potere, come mezzo per elevare la propria posizione
sociale. C’è poco romanticismo qui, e sebbene la lussuria di re James sia anche
mostrata in termini sentimentali, è sfruttata in prevalenza come strumento per
avere il suo favore e, con quello, un ruolo di rilievo. Il corpo perciò diventa
in modo esplicito un bene che ha un peso economico e politico. Per lo
spettatore è affascinante da seguire, per i coinvolti non sempre equivale a piacere.
Un’atra colonna portante delle
vicende è la manipolazione: tradimenti, omicidi, bullismo, violenza, alleanze…
c’è ogni tipo di intrigo, ma su tutte regna sovrana la capacità di raggirare e
piegare con intelligenza gli altri e le situazioni ai propri interessi, cosa in
cui eccellono Mary e Sir Francis Bacon. Se il re sembra meno interessato alle
questioni di stato che all’intrattenimento, non di meno conosce il proprio
ruolo, come gestire il parlamento, il rapporto con la Scozia, le dinamiche di
religione… non è uno sprovveduto anche se il suo darsi ad una vita godereccia
può far pensare altrimenti.
Non sarebbe guastato maggiore
approfondimento psicologico – le scelte di Mary rispetto al primogenito ad esempio,
fanno accapponare la pelle e potevano avere maggiore giustificazione. Scrive
bene però Lucy
Mangan sul Guardian, quando dice che la miniserie ha “il rigore
narrativo di The Favourite, lo stile disciplinato di The Great,
un pizzico dell'eccesso di The Tudors e abbastanza sesso da rendere
felici anche i fan di Bridgerton. È un'ottima combinazione”.
La notevole sigla viene descritta così dai realizzatori, il Peter Anderson Studio: “La nostra sequenza per Mary & George fonde artisticamente scene del dramma, travestite da dipinti a olio dell’era giacobina, e opere d'arte d'epoca. Le scritte agiscono come un portale attraverso il quale il pubblico viene attirato, offrendo finestre su un mondo pieno di segreti e silenziose macchinazioni. Ogni credit diventa uno spioncino nell'anima di coloro che si contendono il potere nelle oscure corti della storia.