domenica 10 aprile 2011

CAPRICA: una space opera riuscita



Caprica, in onda su Steel (lunedì, ore 22.40), è il prequel di Battlestar Galactica, ambientato 58 anni prima: le dodici colonie sono in pace, e i cyloni (robot sofisticatissimi che finiranno per ribellarsi agli umani) ancora non sono stati inventati. A farlo sarà Daniel Graystone (Eric Stoltz), grazie anche alla figlia Zoe (Alessandra Torresani) che prima di morire in un attentato terroristico aveva realizzato una copia virtuale di se stessa. Joseph Adamo (Adama in originale), padre di quello che sarà il comandante William Adamo, è un avvocato.

Mi piacciono le storie, costruite in modo forte e asciutto in un arco. La serie è ideata da Ronald D. Moore, Remi Aubuchon, David Eick, ma si coglie anche l’influenza di Jane Espenson (soprattutto in come si sviluppano i personaggi che diventano a poco a poco padroni di se stessi - penso a Tamara), e si vede che lei è una “alunna” di Whedon. È Galactica con una spruzzata di Max Headroom e de I Soprano. Galactica è post-apocalittico, Caprica è una civiltà nel suo picco massimo che pianta semi per il suo futuro distopico. Funziona bene come space opera, con elementi di fantascienza mischiati con relazioni familiari (fra genitori e figli in particolare), intrighi e commento sociale e politico (esplicitamente l’11 settembre e il terrorismo, ma anche il ruolo della tecnologia, il successo, la comunicazione, le relazioni di potere, la religione, l’educazione dei giovani).

Il look anni ’40-’50-’60 (che amo), intrecciato agli elementi futuristici (come oggetti del futuro, non elementi del movimento del Futurismo, chiaramente) è piuttosto appropriato nel senso sia che pur essendo ambientato nel futuro dà la sensazione di passato rispetto ad un futuro ulteriore che è quello di Galactica appunto, sia perché la serie evoca temi che sono distintivi dell’America di quegli anni: un certo senso di reale o immaginata innocenza, il vago rendere romantico del gangster, le tensioni razziali e culturali e i movimenti per i diritti civili… e allo stesso tempo dà per scontati e come non-conflittuali altre realtà sociali, come le relazioni gay o i matrimoni plurimi.

Come tutta la miglior fantascienza riesce al meglio come allegoria e metafora. Il tema principale è quello dell’identità: uomo vs. macchina, virtuale vs, reale, di Tuaron vs. di Caprica… che cos’è che ci rende umani e come definiamo l’essere umano? Il corpo, la mente, l’anima, originali e copie, tradizioni e rituali… tutti argomenti filosofici.

Mi piace molto anche il fatto che a poco a poco emerge una mitologia ben sviluppata. Il programma è godibile di suo, ma in più, considerato che sappiamo che cosa viene dopo, nel futuro che è quello che accade in Battlestar Galactica, riusciamo ad aggiungere agli eventi un’altra dimensione e vediamo come specifiche azioni porteranno a determinate conseguenze (la distruzione delle 12 colonie, la ribellione dei cyloni, Adamo) che a questo punto non sono ancora prevedibili.

Occasionalmente la scrittura è piuttosto ingenua, per non dire cattiva, e la cinematografia è povera – o almeno potrebbe essere meglio – non nel complesso vengo molto intrattenuta e genuinamente stimolata a riflettere su questi temi. E la parte geek di me ama molto anche i gadget che i personaggi hanno. Sono così pronta ad averli anch’io!


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