venerdì 26 agosto 2011

MEN OF A CERTAIN AGE - seconda stagione: è l'ultima


Quando la TNT ha annunciato quest’estate che non avrebbe rinnovato Men of a Certain Age per una terza stagione, ci sono rimasta male, perché è stata davvero una serie pregnante, all’insegna dell’understatement, ma coinvolgente e rilevante. Mi mancherà questa creazione di Ray Romano e Mike Royce. Attraverso i suoi tre protagonisti principali, Joe (Ray Romano), Owen (Andre Braugher) e Terry (Scott Bakula), tutti “uomini di una certa età” ha mostrato un’umanità vera, sobria, quotidiana, fatta di slanci di entusiasmo e abbattimenti, di eventi minimi che hanno il senso di vittorie e sconfitte esistenziali. E ha affrontato, e bene, come già ho avuto modo di sottolineare in un post sulla prima metà della seconda stagione,  un tema che tocca tutti e che viene trascurato di continuo, quello dell’invecchiare, visto anche attraverso la lente della reciproca complicità dell’amicizia fra i tre protagonisti.
Joe che sputa dell’acqua in un lavandino è l’ultima immagine di questo potente, seppur misurato telefilm. La ragione per cui lo fa è una di quelle situazioni della vita che è così difficile trovare rappresentate altrove. Joe viene aggredito dal suo ex-allibratore, cade e ci rimette un dente (2.11). Poi lo vediamo andare dal dentista e star lì a risistemarsi il dente e cosa ancora più inusuale ma molto realistica, nella puntata successiva gli fa ancora male, ed è ipersensibile alle temperature, per cui quando beve qualcosa, gli duole particolarmente. È per questo che ora si ritrova a sputar acqua nel lavandino. Sono questi i  dettagli su cui Men of a Certain Age ha il coraggio di soffermarsi, le storie che non si vergogna di raccontare, come la donna di Terry che lo  costringe a rientrare a casa al più presto perché le scappa da pazzi la pipì, e poi non ce la fa e sull’uscio di casa finisce per farsela addosso. Altrove questo genere di “debolezze” non si ammettono. Ma qui si è abbastanza adulti, abbastanza maturi, da sapere che sono cose della vita e che sono anche cose che rendono la vita bella.
La finale della seconda stagione ci lascia con un senso di riscatto e di fiducia. Vivere significa sì imbattersi in una serie di batoste e disillusioni, ma con l’età le si può anche guardare con disincanto e concedersi una seconda opportunità per rifare ciò che è andato male imparando dagli errori commessi. Ci si può rendere conto guardandosi dal di fuori attraverso altri che ti ricordano te stesso e rinunciare alle scommesse  che ti hanno rovinato la vita, dedicarsi al golf che ti fa star bene e che fa saltare di gioia i tuoi figli per le tue vittorie, e cercare di riprendere una relazione che è stata significativa, ma troppo breve (Joe), ci si può rendere conto che si ha talento e basta applicarsi e che definire il proprio rapporto con l’altro sesso non significa necessariamente incatenarsi, ma darsi un’opportunità di essere felici (Terry), ci si può rendere conto che il lavoro che si è cercato di evitare per tutta la vita è quello che sai fare e sai fare bene e che sai essere te stesso uscendo dall’ombra di tuo padre e puoi farti apprezzare dai tuoi colleghi e sottoposti per la tua impronta (Owen). Personalmente e professionalmente si può ancora provare ad avere una seconda chance e a fare le cose per bene.
Joe compie 50 anni nell’ultima puntata: un muffin con candelina da parte dei suoi amici e dei semplici, ma sentiti regali dai suoi figli glielo ricordano. Si invecchia. Il senso della serie, che così ci lascia, sembra proprio essere che a invecchiare ci sono tanti svantaggi, ma davvero si guadagna una prospettiva diversa, davvero forse si diventa saggi a sufficienza da imparare dall’esperienza per riuscire a vedere e cercare di realizzare quello che potrebbe renderci felici.



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