mercoledì 11 maggio 2011

PARENTHOOD - Damage Control (2.11): le difficoltà di essere genitori



La puntata Damage Control (2.11) della seconda stagione di Parenthood, andata in onda negli USA agli inizi di quest’anno e che a me è capitato di vedere da poco, è una di quelle in cui, nella diversità delle storie, si vede un filo conduttore forte, che in questo caso è proprio l’argomento del titolo: essere genitori. Anche Zeek, il “nonno”, lo vediamo rapidamente nel ruolo di genitore, fiero, in questo caso specificatamente delle sue figlie femmine. I veri protagonisti sono però i quattro ragazzi, gli adulti, nel loro ruolo di genitori, a dover prendere come tali delle decisioni difficili e a imparare ad esserlo.

Crosby che, nuovo alla “professione”, anche esplicitamente dice al bambino che cerca di essere un buon padre, deve insegnare a Jabar a pulire la sua camera. E prima ancora vediamo lui imparare a insegnarglielo.  Prima è Jasmine, la madre del piccolo, a sgridare Jabar perché lo faccia e il sostegno che dà Crosby è minimo; quando lei gli rammenta che è importante per insegnare al piccolo la responsabilità il padre finisce in realtà a pulirgliela lui la camera; solo alla fine quando Jasmine gli sottolinea che imporglielo è il suo ruolo, anche se è un ruolo sgradito, si impegna per farglielo fare e tiene duro anche davanti al bimbo che gli dice che lo odia.

Joel e Julia non sanno bene come dire alla piccola Sidney che l’uccellino che hanno soccorso dopo che si è schiantato contro la loro vetrata è morto. Vogliono parlare della morte: farlo o no? Come farlo? Quando farlo? Parlare del Paradiso? Non vorrebbero, perché la considerano una finzione. Poi di fronte alla tristezza di lei decidono di farlo, e questo la placa. E Joel attraverso il dolore della figlia ripensa al dolore della perdita della propria madre.

Adam e Kristina invitano a cena il ragazzo di Haddie, Alex. Lui è garbato (porta fiori a Kristina, si mostra accomodante verso le impertinenti osservazioni del fratello più piccolo di Haddie) ed è onesto in tutto: racconta di come aiuta i senzatetto perché lo è stato in primis lui, quando con la morte della madre il padre è stato di prendersi cura di lui, di come si sia emancipato a 16 anni e di come cerchi ora di diplomarsi, di come frequenta l’AA ed è sobrio da 6 mesi. Adam e Kristina lo vedono come un ragazzo meraviglioso e in gamba: ma la figlia ha 16 anni e lui è fin troppo adulto e, con dolore tanto loro quanto della figlia, le impediscono di vederlo ancora. Osservarli mentre si preparano per andare a letto e riconoscere i pregi del giovane Alex e giungere nonostante tutto alla conclusione che non è adatto alla figlia è da manuale: li vedi come persone e come genitori, combattuti. Sono impressionati da Alex, ma irremovibili dinanzi a Haddie che piangente non vuole accettare quello che dicono. 

Sarah, che viene a sapere che Drew ha bevuto birra, non sa fino a che punto dire ai figli che il padre era una alcolista e drogato, non era “in tour” quando lo copriva in questo modo.  Non sa quanto svelare e quanto nascondere per proteggerli.

In questa puntata, scritta da Kerry Ehrin e con la regia di Lawrence Trilling, tutti e quattro i fratelli hanno decisioni difficili da prendere come genitori: scelte con bambini piccoli, che nascono da situazioni quotidiane e piccole (pulire la propria camera, accudire un uccellino ferito) e che hanno il peso di realtà più grandi (la responsabilità, la morte);  e scelte con figli adolescenti, più sfumate nell’essere giuste o sbagliate, nel calibrarsi e nel farsi comprendere. Decisioni sgradite e decisioni che vengono percepite come ingiuste (Jabar, Adam), ma che vengono prese ugualmente. Parenthood, lo dice il titolo, parla dell’essere genitori, e in una puntata come questa mostra quanto è difficile, spesso proprio anche per le situazioni apparentemente più semplici. Ti fa capire il punto di vista di tutti, e a tutti vorresti dare ragione e lo fa con garbo e in modo agro-dolce, e in questo mostra tutta la sua forza come telefilm.

1 commento:

  1. spero tanto lo diano anche in Italia. "Parenthood" di Ron Howard rimane uno dei miei 10 films prefereti di sempre... e qui adorerei Monica Potter, della quale ho apprezzato tantissimo un delizioso film di qualche anno fa con Ralph Fiennes (credo si scriva così) intitolato "Martha da legare".

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