venerdì 4 maggio 2012

VEEP: uno show serio a tinta satirica


Un consiglio: se intendete guardare Veep, non aspettatevi un programma comico, ma uno show serio a tinta satirica. È infatti ben costruito e intelligente, ma se vi aspettate che vi faccia ridere, se non per qualche occasionale sorriso, prevalentemente amaro, siete destinati a rimanere delusi.
Questo nuovo progetto targato HBO, che si leggeVeep “Viii Pi” e che sta per Vice President, ovvero Vice Presidente, segue appunto la vice presidente alla Casa Bianca Selina Meyer (Julia Louis-Dreyfus, Seinfeld) e il suo staff: il capo del personale Amy (Anna Clumpsky); il suo braccio destro Gary (Tony Hale, Arrested Development), che è sempre che le bisbiglia suggerimenti all’orecchio; il segretario stampa Mike McClintock (Matt Walsh), che finge di avere un cane per avere una scusa per non fermarsi tardi in ufficio; Dan (Reid Scott), un ambizioso giovane con aspirazioni politiche; la segretaria Sue (Sufe Bradshaw) e Jonah (Tim Simons), il collegamento con l’ufficio del presidente, che non si vede né si sente mai.
Sono tutti disillusi e scontenti del proprio lavoro, che riescono fare solo marginalmente e male. Selina non ha vero potere. I temi dell’ostruzionismo parlamentare e dell’ambientalismo sono quelli che le stanno a cuore, ma le sue buone intenzioni cadono nel vuoto. Gli interessi del presidente e delle lobby vengono prima: i migliori propositi evaporano di fronte alle pressioni esterne, come è evidente proprio dal pilot quando, pronta a leggere un lungo discorso che ha certosinamente preparato, quello che può effettivamente dire le viene ridotto a poche righe rattoppate e finisce pure per fare una figura pietosa.
Veep è un The West Wing a cui è stato strappato ogni sentimentalismo e aggiunta un bel po’ di rabbia, è un Parks and Recreation più cinico e rassegnato. Le persone in politica reagiscono di continuo a cose che vanno male: questa è la prospettiva che cerca di cogliere l’autore Armando Iannucci, secondo uno degli sceneggiatori – Tony Roche, che si è espresso in questi termini su The New Yorker (Mar 26, 2012). Studioso di Milton, nominato all’Oscar per il film In the loop, e già autore dell’apprezzata sit-com The thick of it, che è una satira su come funziona il governo britannico, Iannucci è anche noto per l’ampio uso di scurrilità. Si dica abbia un vero e proprio consulente per le parolacce. Chi le ha contate dice che in Veep è stata pronunciata la parola fuck, o affini, ben 27 volte nei soli primi 30 minuti. Non si nota nemmeno poi tanto, devo dire. Forse quello intendeva essere umoristico, ma io raramente trovo l’uso delle parolacce divertente.
Quello in cui davvero Veep riesce bene, come ha ben notato il critico Tim Goodman su THR, è far sembrare come se tutto fosse filmato accanto a quello che accade nella vita reale, con gli sceneggiatori semplicemente a fare da specchio all’inettitudine e ai compromessi che distruggono l’anima che sono il pane quotidiano dei corridoi della politica. Se c’è da ridere è un riso amaro, molto amaro.

1 commento:

  1. aspetto di vedere un'altra puntata.
    essendo una comedy che non fa ridere, come hai sottolineato, per ora mi ha lasciato piuttosto perplesso...

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